Sono 1.857.605 i cittadini che hanno firmato la legge d’iniziativa popolare europea che chiede una normativa che sancisca il diritto umano universale all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. In Italia raccolte 67mila euro. I tecnici della Commissione europea dovranno verificare il rispetto della proposta e avanzare una proposta legislativa.
Acqua pubblica per tutti. A chiederlo sono quasi due milioni di cittadini europei che hanno firmato la legge d’iniziativa popolare europea Ice (European Citizens’ Initiative) che chiede all’Unione europea una normativa che sancisca il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. Adesso i tecnici della Commissione europea dovranno verificare il rispetto della proposta con i trattati Ue ed eventualmente avanzare una proposta legislativa. Insomma, l’acqua come bene pubblico potrebbe presto diventare una legge europea.
Si chiama “Right2water” ed è la prima Ice a raggiungere l’obiettivo del milione di firme indispensabile per sottoporre la proposta di legge popolare agli uffici di Bruxelles. Obiettivo a dire il vero largamente superato visto che le firme raccolte sono in totale 1.857.605, nel dettaglio 1,547,859 online e circa 315,000 cartacee, tant’è che i gazebo reali e virtuali sono stati chiusi con quasi due mesi di anticipo. Superato anche il numero minimo di Paesi nei quali doveva essere raggiunto un certo quorum di firme: ben tredici a fronte dei sette previsti dalla legge europea (Italia, Germania, Austria, Belgio, Finlandia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Slovenia e Slovacchia).
Un successo anche in Italia con oltre 67mila firme raccolte, di cui 22mila in forma cartacea e più di 45mila online, firme che adesso verranno consegnate al Ministero dell’Interno per poi essere spedite direttamente a Bruxelles. Segno che in Italia non si è affievolita quella spinta partecipativa che nel giugno 2011 portò circa 26 milioni di italiani a votare per l’acqua pubblica nei quattro quesiti referendari. Anche se si tratta tecnicamente di cose diverse, comune è lo spirito di chi, nel 2011 come in questi mesi, vede l’acqua come un bene primario e perciò essenziale di ogni essere umano e non assoggettabile ad alcun interesse economico di sorta, come già riconosciuti dalle Nazioni Unite. L’Fp-Cgil, che insieme al Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua è tra i promotori dell’iniziativa in Italia, parla di “un segnale forte che valica le frontiere nazionali e che dice all’Unione come i cittadini, il sindacato e i movimenti europei siano convinti che la gestione del settore idrico debba stare fuori dal mercato e dalle logiche di profitto”.
Nel dettaglio la proposta di legge popolare chiede all’Ue di “imporre ai governi di garantire e fornire a tutti i cittadini, in misura sufficiente, acqua potabile e servizi igienico-sanitari”. Tre le richieste che si leggono sul sito ufficiale della Right2water c’è anche “l’approvvigionamento di acqua potabile e la gestione delle risorse idriche non siano soggetti alle logiche del mercato unico e che i servizi idrici siano esclusi da qualsiasi forma di liberalizzazione” e “l’Ue intensifichi il proprio impegno per garantire un accesso universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari”.
“Siamo i Sergej Bubka (atleta ucraino detentore del record mondiale di salto con l’asta, ndr) della partecipazione democratica in Europa, i primi ad usare concretamente l’iniziativa di legge popolare”, ha detto un euforico Jan Willem Goudriaan, vice presidente dell’Ice Right2water. Ma attenzione avverte, “la parte più difficile deve ancora arrivare”: “La Commissione europea ascolterà veramente la voce dei cittadini e risponderà positivamente alle loro aspettative dando il via a un processo legislativo? Se così non fosse temo che ci sarà una dura ricaduta alle prossime elezioni europee” fissate per il maggio prossimo.
Sì perché dopo aver ricevuto il milione di firme previsto dal regolamento dell’Ice – nel caso del Right2water quasi due milioni – la Commissione europea “non è obbligata a procedere con una nuova legislazione”, si legge sul sito ufficiale. Dopo aver ricevuto le firme, infatti, i tecnici di Bruxelles hanno tre mesi di tempo per esaminare nel dettaglio la richiesta dei cittadini, eventualmente convocare gli organizzatori per un’audizione pubblica al Parlamento europeo e infine comunicare ufficialmente cosa intendono fare. Il che vuol dire che il tutto potrebbe anche concludersi con un niente di fatto.
di Alessio Pisanò
Il Fatto Quotidiano 14.09.2013