Ecologia Energia

Petrolio, falde acquifere a rischio

TrivellazioniL’allarme lanciato dall’idrogeologo Sabino Aquino protagonista ieri del dibattito ad Ariano.

L’estrazione di petroli e di gas <<rappresenta un serio rischio per le acque sotterranee>>. In Irpinia sarà necessario <<utilizzare notevoli quantitativi di fanghi e fluidi perforanti con sicuri travasi di questi fluidi nelle falde idriche.>>

Con le trivellazioni petrolifere a rischio le falde acquifere in Irpinia: è l’allarme che giunge dall’Auditorium Comunale di Ariano Irpino, dove ieri nell’ ambito di “Cinezone”, la rassegna culturale dell’Ariano Folk Festival, si è parlato della battaglia contro le trivelle e dell’esperienza sfortunata della vicina Basilicata. Incentrato sul tema di “Pietre, Miracoli e Petrolio”, il documentario proiettato per spiegare cosa è avvenuto nella Val d’Agri all’arrivo massiccio delle multinazionali del petrolio il dibattito ha visto confrontarsi Antonio Cripino, inviato del Corriere della Sera e profondo conoscitore della questione, Enzo Vinicio Alliegro, professore alla Federico II di Napoli ed autore di importanti studi sugli impatti socio-economici delle estrazioni petrolifere, ed i rappresentanti del Comitato “No Trivellazioni Petrolifere in Irpinia”, Gianni Venuta e Goffredo Pesiri. A parlare dal punto di vista tecnico del rischio inquinamento da idrocarburi delle falde acquifere dell’Irpinia l’Idrogeologo Sabino Aquino, già presidente del Parco dei Monti Picentini nonché dirigente dell’Alto Calore. Aquino nella sua relazione ha ricordato come la provincia di Avellino, rivesta <<un ruolo strategico nell’ambito della gestione e del coordinamento di diversi sistemi idrici dell’Italia meridionale>> e come <<uno dei maggiori motivi di preoccupazione degli enti gestori di acquedotti è il pericolo di depauperamento delle risorse idriche>> che può avvenire per cause naturali o per cause antropiche dipendenti dagli emungimenti. A questi negli ultimi anni <<si è aggiunta una ulteriore minaccia: la ricerca petrolifera con la esplorazione del suolo attraverso trivellazioni profonde>>. L’estrazione di petroli e di gas <<rappresenta un serio rischio per le acque sotterranee a cause delle tecniche stesse di ricerca e delle qualità di sostanze che vengono movimentate . Tali sostanze includono, ovviamente, gli idrocarburi fluidi movimentati, le acque salate connesse ai giacimenti, i fanghi di perforazione, le acque immesse in profondità a scopo di migliorare il recupero del petrolio. Nel comprensorio Irpino i giacimenti di gas naturali e di petrolio risultano molto profondi. Ciò comporta che sia in fase di trivellazione per indagini ma anche per la realizzazione del pozzo petrolifero si deve necessariamente utilizzare notevoli quantitativi di fanghi e fluidi perforanti con sicuri travasi di questi fluidi nelle falde idriche che alimentano i pregiati e cospicui gruppi sorgivi emergenti nelle aree vallive delle idrostrutture carbonate (Monte Terminio-Tuoro e Monte Cervialto) che accolgono nelle loro viscere acquiferi con potenzialità idrica di oltre 10.000 litri al secondo in media annua, utilizzati per l’approvvigionamento idrico di oltre tre milioni di persone>>. C’è poi il rischio di <<rocce molto permeabili>> che <<lasciano filtrare le sostanze liquide utilizzate in fase di trivellazione dei pozzi profondi pregiudicandone seriamente la originaria purezza nonché le caratteristiche chimico-fisiche e batteriologiche degli acquiferi intercettati dalle trivellazioni>>. Altri pericoli poi giungono con <<giacimenti esauriti>> e <<pozzi abbandonati>> perché attraversando <<più acquiferi <<costituiscono dei veri e propri connettori degli agenti inquinanti>>. In questo caso il rischio è rappresentato << anche dalle infrastrutture che dovranno realizzarsi successivamente alla individuazione del petrolio per il trasporto dello stesso alle raffinerie . Le condutture ed i sistemi di condotte che sono utilizzate per trasportare i prodotti petroliferi e i gas naturali sono i più soggetti a perdite, nonostante tutti gli accorgimenti che vengono impiegati nella loro progettazione e realizzazione>>. Infrastrutture di collegamento la cui <<posa in opera nel sottosuolo comporta sempre una scarificazione notevole del terreno in sito e la realizzazione di trincee profonde nell’insaturo e, abbastanza spesso, nella zona satura dell’acquifero. Le perdite causate da deterioramento (corrosione), dalla rottura o da cedimento di tali tubazioni provocano la fuoriuscita dei liquidi, spesso altamente inquinanti, ed conseguente inquinamento delle acque sotterranee soggiacenti>>. Altre cause di perdite nelle tubazioni sono <<le saldature, difettose , sovrapressioni incidentali, dal traffico pesante, frane e sprofondamenti. Senza poi trascurare le vibrazioni indotte al suolo dai terremoti in aree come quella Irpina classificata ad elevata sismicità>>. Una criticità attestata, ha detto Aquino, dalla <<Carta di Vulnerabilità>> attraverso studi del C.N.R. <<Da tale documentazione – conclude – è tra l’altro rilevabile che gli Oleodotti ed i Gasdotti vengono considerati come “Produttori reali e potenziali di inquinamento dei corpi idrici sotterranei”>>.
Redazione
Corriere dell’Irpinia 18 Agosto 2013

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