Non possiamo più parlare. Il politically correct ha trasformato le nostre conversazioni in parole sintetiche. Di plastica. Le ha svirilizzate. Parlare come si pensa è diventato uno scandalo. La morte è un dolce trapasso. Berlusconi è uno statista, non un evasore fiscale. Non si diventa vecchi rincoglioniti, ma anziani saggi. I lavori umili e socialmente utili sono scomparsi. Lo spazzino è un operatore ecologico. Non ci sono più ciechi e sordi, ma non vedenti e deboli di udito. Questa piaga ipocrita, questa mascherata sta travolgendo tutto e tutti. Napolitano non è neppure nominabile in Parlamento. All’ingresso di Montecitorio la politically correct Boldrini metterà la targa “Non bestemmiare e non nominare Napolitano invano“. E che dire dei parlamentari condannati che si fanno chiamare “onorevoli“? Forse dovremmo chiamarli “onorevoli delinquenti“? E dell’ “agibilità politica” al posto della grazia? Chi dovesse esclamare, magari a pieno diritto, “Paese di merda” sarebbe sanzionato, se avesse detto “Questo è il Paese che amo” sarebbe un perfetto candidato per la presidenza del Consiglio.
“L’invalido si alza forse dalla carrozzella perché qualcuno ha deciso che lui è ufficialmente un “ipocinetico“? L’omosessuale pensa forse che gli altri lo amino di più, o lo odino di meno, perché viene chiamato “gay” (un termine riesumato dal gergo criminale settecentesco, dove stava a indicare chi si prostituisce e vive di espedienti)? L’unico vantaggio è che i teppisti che una volta pestavano i froci adesso pestano i gay”. (*)
Mentre parli devi continuamente e seriamente valutare se ogni parola che stai per pronunciare può urtare la sensibilità di qualcuno: un gruppo religioso, un’istituzione, una comunità, un’inclinazione sessuale, un’infermità, un popolo. Per non avere problemi devi limitarti ai saluti “Buongiorno e non mi faccia dire altro“. Ti trasformano in un Houdini della parola, in un contorsionista del significato. Non sai più come chiamare le cose, le persone. Un immigrato clandestino è un rifugiato alla luce del sole. Razzi non è ignorante, non ha una perfetta padronanza della lingua italiana. E’ una dittatura che riguarda anche noi stessi. “Non facciamo fiasco, riusciamo meno bene del previsto. Non siamo drogati, eccediamo nell’uso di sostanze stupefacenti. Non siamo paralizzati, ma affetti da tetraplegia. E la nostra verecondia verbale si spinge oltre la morte: un cadavere. esortava il “New England Journal of Medicine“, andrebbe chiamato “persona non vivente“. Di conseguenza, un cadavere grasso sarà una persona non vivente portatrice di adipe.”(*)
(*) La cultura del piagnisteo – Robert Hughes