Mentre in Veneto si stanno facendo le prove generali per la secessione sotto gli occhi stupiti di giornalisti post datati e di storici da strapazzo, dall’Ucraina arrivano due lezioni: il colpo di Stato “democratico” e l’autodeterminazione dei popoli “antidemocratica“. La parola democrazia è diventata la foglia di fico degli analisti cicero pro domo sua. La usano come in cucina si usa il prezzemolo, un po’ qua, un po’ là, male non fa.Il colpo di Stato deve presupporre alcuni ingredienti. Primo: ci deve essere uno Stato con un governo legittimo eletto in regolari elezioni, in Ucraina nel 2010 venne eletto con il 51% dei voti Viktor Yanukovych. Secondo: il Paese deve essere oggetto di appetiti internazionali di natura geopolitica o per le materie prime. Terzo: ci deve essere una piazza larga a piacere e di una certa notorietà come piazza Maidan a Kiev per una rivolta che deponga il tiranno. Una spruzzata di morti da ambedue le parti, un’indignazione internazionale con la copertura dei principali network e un uso massiccio dei social e la rivoluzione è servita. Le elezioni non servono più. Che non sia possibile conoscere chi ci fosse realmente in piazza, la presenza di agenti provocatori e chi abbia sparato è un dato di fatto che però non interessa a nessuno. La divisione tra buoni e cattivi per l’opinione pubblica è definitivo e questo è ciò che conta. In Egitto il presidente Morsi, eletto anch’egli in regolari elezioni, è stato deposto da moti di piazza e ora è imprigionato e sotto processo, in aula in una gabbia insonorizzata. I militari ne hanno preso il posto. Dall’Europa e da Washington non un moto di sdegno e neppure un missile Tomahawk come sul dittatore Gheddafi. La seconda lezione che arriva dall’Ucraina è il referendum tenuto in Crimea in cui hanno votato i tre quarti degli aventi diritto e il 96,6% ha votato per l’annessione alla Russia. Il referendum è stato bollato dalle democrazie occidentali come illegittimo. Ora, se passasse il principio che attraverso un referendum un popolo possa decidere di non far parte di una Nazione ed eventualmente ricongiungersi a un’altra, per l’Europa costruita sul concetto ottocentesco di Nazione dopo il crollo degli Imperi, sarebbe una catastrofe. C’è la fila per l’autodeterminazione, dalla Catalogna, alla Scozia, ai Paesi Baschi, alla Bretagna, al Veneto, a Trieste. In Italia l’idea di decentralizzare i poteri dello Stato centrale prima del prossimo naufragio economico e istituzionale e di mantenere allo Stato poteri fondamentali è una soluzione per bloccare le spinte centrifughe in atto. Non è secessione, come non lo è negli Stati federali come gli Stati Uniti e la Svizzera. La Padania non è mai esistita, ma la Repubblica di Venezia è durata mille anni.
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