Ci risiamo. Siamo di nuovo a contare i morti. In 24 ore è piovuto come in sei mesi, ci dicono. E non abbiamo motivo per non crederci.
Ci avevano detto più o meno la stessa cosa nell’ottobre 2009, quando un’alluvione devastò Messina e Giampilieri e Scaletta Zanclea, portandosi giù la terra e la vita di 37 persone. Anche in quel caso la conta si aggiornava di ora in ora. Anche in quel caso fu un evento straordinario. Anche in quel caso furono stanziati 20 milioni di euro per fronteggiare l’emergenza, così come ha promesso stamattina il presidente del Consiglio Letta.
E poi ancora: funerali di Stato, tragedia nazionale, solidarietà, visite istituzionali. Le parole, le frasi, i ritornelli, le bugie sono sovrapponibili. In Gallura, a Messina, a Torino vent’anni fa e dovunque sia franato lo Stato. Ci saranno le lacrime, quelle dei coccodrilli che prima speculano sul territorio, lo sbancano, lo devastano, lo uccidono e poi piangono i morti, confortano le famiglie.
Ora le inchieste diranno che la tragedia si poteva prevenire, che il territorio andava messo in sicurezza prima. E saranno giorni di polemiche, di “ve l’avevo detto”, di “non accadrà più”.
Poi le telecamere se ne andranno, i coraggiosi sardi riusciranno a rialzarsi e gli sciacalli rideranno al telefono pensando al bottino di quest’ennesima sciagura. Curare è meglio che prevenire.
di Silvia D’Onghia
Il Fatto Quotidiano 19.11.2013