Informazione

Violante alla Giustizia, il Caimano lo vuole

 Un probabile ministro, molto gettonato ma altrettanto prudente, invita “a non dare nulla per scontato” e aggiunge che “le trattative vere inizieranno dopo il giuramento di Napolitano, per il momento ci sono solo abboccamenti, sì è vero ci piacerebbe Violante alla Giustizia”.    COSÌ QUANDO si sgonfieranno l’enfasi e la retorica sul ritorno del re al Quirinale, la strada per il governo di “salvezza nazionale”, la formula prediletta del Colle (non di “scopo” o comunque a breve termine), non sarà affatto in salita. Tutto dipende dai danni che provocherà l’inciucio edizione 2013 nel partito più devastato del globo terracqueo, il Pd. Le larghe intese, per fare un esempio, sono state già bocciate da Rosy Bindi. Segnali questo che fanno già volgere al peggio l’umore dell’asse che darà il nome all’esecutivo. Quello tra Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi. Al netto dei falchi che volano sempre alti nel Pdl, ansiosi di capitalizzare al più presto nelle urne la resurrezione del centrodestra, il Cavaliere al momento ha la stessa linea del Quirinale: governo politico e autorevole. Ma il problema saranno i numeri del Pd.    Per questo motivo Berlusconi e la sua corte seguono con la massima attenzione l’evoluzione della profonda crisi democrat. C’è anche un fortissimo interesse di parte: qualora il Pd dovesse spezzarsi con una o più scissioni, il Pdl potrebbe diventare primo partito al Senato, decisivo per la governabilità, e rivendicare Palazzo Chigi.   La speranza, destinata a rimanere tale, dà la cifra del compito difficilissimo che aspetta il capo dello Stato. Il governo Napolitano-Berlusconi, alla vigilia delle consultazioni al Colle, vede in pole position sempre Giuliano Amato, l’ex craxiano con una superpensione di 31mila euro, ed Enrico Letta, il vice centrista del fu segretario Bersani. Altre variabili sono rappresentate dal ministro dell’Interno Anna Ma-ria Cancellieri, dal presidente del Senato Grasso e persino dall’ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino. Ma il “senso di responsabilità” del Cavaliere ha tutti i sensi all’erta per quel che riguarderà il ministero della Giustizia. L’altro giorno, nel-l’euforia generale per la rielezione di Napolitano, i parlamentari-avvocati di B, Ghedini e Longo, si appartavano compunti con alcune carte in mano. Il concetto di salvacondotto è la pietra angolare su cui poggia l’inciucio e stavolta la garanzia potrebbe arrivare da un Guardasigilli un tempo considerato il nemico numero uno: l’ex magistrato Luciano Violante, tra i dieci saggi nominati da Napolitano per fare “melina” in attesa degli scrutini per il Colle. Il suo nome, suonerà strano ma è così, è il più pronunciato nel Pdl per quella casella. Il paragone è storico e risale a un altro governo di salvezza nazionale: quando nel 1946 ministro della Giustizia era Palmiro Togliatti, segretario del Pci, e ci fu l’amnistia per i detenuti politici. Presidente del consiglio era lo statista dc Alcide De Gasperi.    PER MOLTI berlusconiani lo schema si potrebbe riproporre per queste larghe intese di pacificazione nazionale, magari con le nomine di B. e Prodi a senatori a vita. È stato Fabrizio Cicchitto del Pdl a tratteggiare lo schema dieci giorni fa, facendo il nome di Violante addirittura per il Quirinale: “Togliatti chiuse la fase drammatica della guerra civile. Negli articoli e nei libri di questi anni, l’evoluzione del pensiero di Violante è evidente. Lui che viene da lì, lui che ha cavalcato la fase dell’uso politico della giustizia, è l’unico ad avere la forza per provare a chiuderla, e promuovere una nuova pacificazione italiana”. Non da capo dello Stato, come sperava Cicchitto, ma almeno da Guardasigilli. Violante come Togliatti, è la nuova frontiera del Pdl. Il governo di “salvezza nazionale” a guida Amato con Alfano ed Enrico Letta vicepremier oppure a guida Letta dovrebbe mettere insieme il programma dei saggi del Quirinale e gli otto punti di B. in campagna elettorale. Circolano nomi tecnici (Saccomanni) e politici (Quagliariello, Frattini) ma tutto è subordinato al contributo che dovrà dare, se lo darà il Pd. Quale Pd, poi? E una fase di ulteriore frammentazione chissà che non favorisca l’attuale governo Monti, rivitalizzato da altri ingressi. Del resto un premier continua a esserci da mesi.

di Fabrizio D’Esposito
Il Fatto Quotidiano 22.04.2013

Lascia un commento