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Ha Gomorra in casa, ma Renzi continua a restarsene zitto.

renzi_2L’IMBARAZZO DEI FEDELISSIMI:“IN MERIDIONE CI MANCA LA CLASSE DIRIGENTE”.

La Campania, la Campania è un caso delicato”. Genova, centro convegni dei Magazzini del Sale. Comizio con Raffaella Paita, candidata a governatrice della Liguria. Con Matteo Renzi che fa il punto sulle Regionali. La Paita è indagata per mancata allerta durante l’alluvione di Genova. Anche lei rappresenta il terminale di un gruppo di potere forte (in primis, il governatore uscente, Burlando). Ma rispetto alla questione Campania sembra poco. Giovedì, in un’intervista all’Huffington Post, Roberto Saviano ha puntato il dito contro Renzi e partito. “Nel Pd c’è Gomorra”. Mica poco da parte dello scrittore-simbolo dell’anticamorra, che vive ancora sotto scorta. La comunicazione di Renzi, una corazzata che in genere si mobilita per molto meno, ha messo il silenziatore sulla faccenda. E l’hanno fatto anche i giornali: neanche una riga, ieri, Fatto a parte, sulla denuncia di Saviano. Neanche l’ombra di un commento, seppur fugace, da parte di Renzi e dei vertici del Pd e del governo. Silenzio che permane ieri per tutta la giornata.
NONOSTANTE un premier che non si risparmia in fatto di attività pubbliche: alle 12 è a The State of Union, conferenza sull’Europa, a Firenze. Alle 16 comizio ad Aosta, alle 18 e 30 (ma saranno le 19, nonostante l’elicottero con cui si sposta a Genova). Non parla il vice segretario Lorenzo Guerini, che molto si è attivato per evitare le primarie e la vittoria di De Luca (invano) e che poi ha provato a limitare i danni nelle liste del Pd, cercando di tener fuori gli impresentabili. Non parla Luca 
Lotti, che ad avere contatti con l’ex sindaco di Salerno è stato uno dei primi tra i renziani. E in sintesi, nel Pd che conta nessuno dice niente. Isolata la voce concorde con Saviano di Benedetto Zoccola, vicesindaco a Mondragone, L’imbarazzo generale è enorme. Qualche ammissione a mezza bocca tra i fedelissimi: “Il problema è che al Sud non abbiamo una classe dirigente”. O il tentativo di distinguere: “I casi discussi sono nelle liste del centro democratico, nell’Udc e nella lista civica Campania in rete”.
LA QUESTIONE De Luca è totalmente sfuggita di mano a Renzi e al suo Pd: accordi del de lucpassato, equilibri di potere del presente e impotenza a trovare una soluzione diversa adesso fanno venire tutti i nodi al pettine. E Renzi preferisce non metterci la faccia. Ma, da neo segretario, uno dei primi viaggi che aveva voluto fare era stata una ricognizione nella Terra dei Fuochi il 23 dicembre del 2013, dove aveva incontrato anche la famiglia di don Peppe Diana, prete anticamorra. Nel regno dei Casalesi, contro i Casalesi. Con lui c’erano, tra gli altri, l’allora ministro dell’ambiente Andrea Orlando (oggi guardasigilli) e Pina Picierno, oggi eurodeputata. Allora diceva: “Per cambiare davvero le cose è da qui che bisogna ripartire, riannodare i legami
con le istituzioni, ricostruire un tessuto di legalità”. Dopo la denuncia di Saviano, che dice che non è cambiato nulla, neanche lei interviene. La Campania è il punto più caldo. Ma lo scenario del comizio genovese è in qualche modo coerente : ad ascoltare Renzi ci sono i dirigenti della Voltri Terminal Europa, come i leader dei Camalli. Potere vero e zoccolo duro di sinistra. È il partito-nazione, quello dove c’è posto per tutti, a prescindere dalle ideologie (e non solo), “il partito del sì”, per dirla con chi ne fa parte. “Bella l’Italia che decide. Forte l’Italia che decide”, recitano, non a caso, gli slogan dietro al palco. È l’Italia del fare, quella che contro “i professionisti del non ce la farete mai” (citazione Renzi) è decisa a tollerare anche De Luca e la sua quota di Gomorra. Ma a Genova il segretario-premier parla al chiuso, blindato nelle vie di accesso per evitare ogni tipo di contestazione (si temevano quelle dei lavoratori di Fincantieri). Entra di corsa ed esce di corsa. La sala è piena e partecipe. Ma sono tutti iscritti del Pd e non più di un migliaio.
MENTRE tra i vertici la tensione è palese: “Nelle province non ce n’è una dove possiamo andare sotto. Anche se a Genova possono arrivarci vicino”. Parole di Burlando, che tradiscono la paura. Non a caso, il primo destinatario del comizio è Luca Pastorino, il candidato civatiano, che può togliere voti alla Paita. “C’è una sinistra a cui piace perdere e far perdere”, declama Renzi dal palco. Attacca Pastorino “eletto con i voti del Pd” che “non ha lasciato il Parlamento”. E sa che “non ha nessuna possibilità, se non quella di far vincere il portavoce di Berlusconi” (alias Toti
). “Non c’è spot migliore della sinistra masochista che vuole perdere per i prossimi 20 anni”. Poi a D’Alema: “Vedo che qualcuno dice che perdiamo iscritti: sono i nostalgici del 25%”. Ieri il suo riferimento sono le elezioni inglesi: “Quando la sinistra sceglie di non giocare il profilo riformista ma la carta estremista può vincere i congressi, ma perde le elezioni”. La platea è entusiasta, Renzi è tutto una battuta. Ma i problemi restano. La voce evocata nella serata genovese è quella di Ivano Fossati: “Questo è un tempo bellissimo, tutto sudato. E c’è un tempo per seminare e uno per aspettare”. Chissà quanto bisognerà aspettare perché non ci sia più nessun De Luca.

Wanda Marra
Il Fatto Quotidiano 09.05.2015

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