intervento di Antonio Di Pietro
“Il Parlamento ha approvato la nuova legge sulla Responsabilità civile dei Magistrati. Subito tutto il mondo politico e giornalistico di regime, a cominciare dal solito trombone Renzi, ha gridato esultante “finalmente giustizia è fatta”, come se la colpa di tutto il malaffare che è stato scoperto in questi anni sia dei magistrati che hanno processato chi ha commesso i reati e non dei delinquenti che li hanno commessi.
Ma vediamo in concreto cosa è cambiato al riguardo e quali effetti reali tali cambiamenti produrranno, al di là degli annunci di goduria di chi in Parlamento l’ha approvato.
Con riferimento alla “Responsabilità indiretta e obbligo di rivalsa”, la legge prevede che il cittadino che ritiene di aver subito un’ingiustizia a seguito di una decisione presa da un magistrato, potrà sì chiedere il risarcimento dei danni ma sempre e solo facendo causa allo Stato e quindi esattamente come già è avvenuto finora con lalegge Vassalli, in vigore dal 1998. La novità sta nel fatto che ora, lo Stato – qualora venisse condannato a risarcire il cittadino per una ingiustizia subita per colpa di un giudice – dovrà obbligatoriamente rivalersi nei confronti di costui che, a sua volta, dovrà farsi carico di pagare la metà del risarcimento pagato dallo Stato e non più solo un terzo.
Direte: e va beh! Dov’è l’inghippo. Tutto sommato è giusto che il magistrato che sbaglia, paghi. Già! Peccato, però, che la nuova legge ha eliminato anche il cosiddetto “filtro di ammissibilità” e, soprattutto, ha esteso i confini della “colpa” a seguito della quale il magistrato deve essere obbligatoriamente condannato a risarcire i danni a favore di chi l’ha denunciato.
Il filtro di ammissibilità
La nuova legge ha poi previsto la soppressione del “filtro di ammissibilità” nel senso che, d’ora in poi, non vi potranno più essere controlli preliminari di ammissibilità delle denunce (“filtro”, appunto) contro i magistrati e quindi tutti coloro che avranno a che fare con le aule giudiziarie, potranno – indistintamente e senza che sia in alcun modo verificata preliminarmente la bontà e serietà della loro richiesta di risarcimento – denunciare asserite ingiustizie subite, con la conseguenza che, per ogni processo che si farà ad un delinquente, potrà esserci un processo che il delinquente farà allo Stato allo scopo di fermare il suo giudice. E che dire delle cause civili, ove – per definizione – le parti processuali sono sempre almeno due (chi inizia una causa e chi viene citato a giudizio), con la conseguenza che il giudice – allorché prende una decisione – scontenterà sempre una delle due parti, la quale, a sua volta, si sentirà quasi sempre ingiustamente condannata!
La colpa del giudice
Ma quel che è più grave e che, con la nuova legge, sono stati ridefiniti i confini della “colpa del giudice” che dovrà sempre essere riconosciuta non solo allorché il giudice “affermi un fatto inesistente” ovvero “neghi un fatto esistente” (considerazioni condivisibili che già erano contenute nella vecchia legge Vassalli) ma anche quando vi sia da parte sua un “travisamento delle prove” ovvero allorché emetta un provvedimento cautelare senza sufficiente “motivazione”. Trattasi all’evidenza di norme cosiddette “valutative e di interpretazione”, per cui è difficile – se non impossibile, salvo per casi macroscopici – stabilire che una motivazione ritenuta insufficiente o una diversa interpretazione del fatto possa essere stato fatto per “colpa” e non in buona fede. Anche in questo caso le conseguenze sono evidenti: il giudice, per non sbagliare, potrebbe non prendersi la responsabilità di emettere provvedimenti giudiziari soprattutto se trattasi di personaggi potenti in grado di criminalizzare in ogni modo il suo operato, con il risultato che tutti possiamo immaginare.
Si badi bene: la responsabilità civile dei magistrati non deve essere scambiata con la responsabilità penale dello stesso. Anche costui, infatti, da sempre è responsabile se commette un reato, come qualsiasi altra persona e quindi non è mai stato, come invece l’hanno dipinto specie ultimamente, una persona che può commettere impunemente qualsiasi reato (peraltro a differenza di molti parlamentari che negli anni di Tangentopoli, sfruttando l’art. 68 della Costituzione, hanno conseguito non solo l’immunità ma anche l’impunità!).
La riforma della giustizia secondo Renzi
In conclusione, un’ultima considerazione. Il Presidente del Consiglio, sin dal primo giorno di Governo, ha detto che avrebbe riformato la giustizia per meglio combattere la corruzione ed ogni tipo di criminalità. Ad oggi, però (ovvero ad oltre un anno dall’inizio del suo mandato) il Governo Renzi e la sua maggioranza parlamentare hanno fatto una sola cosa in materia di giustizia: appunto la legge sulla responsabilità civile dei magistrati che serve solo ad intimidirli e impedir loro di fare serenamente il proprio lavoro (oltre che a riempire ancor di più i tribunali di cause strumentali e avventate).” Antonio Di Pietro