Chi ha pagato il prezzo dell’euro e chi ci ha guadagnato? Le aziende italiane hanno pagato un prezzo altissimo. Dal 1997, quando l’Italia rivalutò la lira per agganciarla all’ECU (condizione postaci per poter entrare nell’euro) la produzione industriale italiana è scesa del 25%. Nello stesso arco di tempo la produzione industriale della Germania è aumentata del 26%. Come se tutto le industrie del Centro Italia fossero scomparse per ricomparire in Germania. Dall’entrata in vigore dell’Euro il saldo positivo della bilancia dei pagamenti della Germania è uguale a quello negativo dei paesi periferici come Spagna, Italia, Grecia, Portogallo, Irlanda, Cipro. In altre parole è avvenuto un trasferimento netto di ricchezza da periferia a centro con un gioco a somma zero per l’Eurozona nel suo complesso.
Alla perdita di ricchezza si aggiunge la perdita di know-how delle imprese, la perdita di competitività, di prestigio, di competenza. Nel concreto un PIL in caduta libera, un tessuto industriale devastato, una disoccupazione alle stelle, lavoratori non specializzati e salari da fame.
Fuori dall’euro con una sovranità monetaria associata al valore della nostra economia le aziende italiane sarebbero avvantaggiate nelle esportazioni e produrre in Italia diventerebbe più conveniente che produrre all’estero. Rinascerebbero nuove attività, si svilupperebbe il conseguente indotto e si creerebbero posti di lavoro.
I collaborazionisti che hanno permesso questo sfacelo sono gli stessi che vogliono ancora la testa dell’Italia dentro il capestro dell’euro. Il ricatto a cui sottopongono gli italiani è il motivo per cui vengono mantenuti al potere dai burocrati della Troika. Non vogliono uscire dall’euro per preservare il loro potere.
Nel primo semestre del 2014 in Italia 8.101 imprese hanno dichiarato fallimento, il 10% in più rispetto all’anno precedente. In media sono fallite 63 imprese ogni giorno: più di due imprese ogni ora. Non c’è un minuto da perdere! Fuori dall’euro per salvare le imprese!