Via libera alle estrazioni petrolifere: il decreto Sblocca Italia “cancella” istituzioni e comunità.
E’ andata. Le norme del decreto Sblocca Italia, riguardanti “misure urgenti in materia di energia”, sbloccano le trivelle anche in provincia di Avellino. La Italmin Exploration può verosimilmente in tempi brevi tirare fuori dai cassetti il permesso di esplorazione concesso nel 2003 dal ministero per lo Sviluppo Economico su un’area di 780 kq, sui 2.800 complessivi, e cominciare a “bucare” partendo dal Pozzo Gesualdo 1. Con la Italmin, festeggiano anche compagnie e multinazionali che hanno in corso di valutazione presso le regioni, per la terraferma e il mare, un centinaio di progetti che se dovessero andare in porto cambierebbero di molto i territori, con incrementi estrattivi che da subito verrebbero raddoppiati. Ha vinto Matteo Renzi, dunque, e hanno perso i “comitatini”, come il presidente del Consiglio definì quelli che sui territori di vecchia e nuova trivellazione si opponevano alle estrazioni: basta opposizione dei territori; stop ai tempi lunghi delle valutazioni di impatto ambientale; fine della manfrina dei (pochi) enti locali e regioni che intralciavano. Negli articoli 36, 37 e 38, tutti i soggetti istituzionali del territorio vengono di fatto cassati, come i Comuni, mentre le Regioni vengono esautorate da ogni valutazione ambientale, che invece viene delegata al ministero dell’Ambiente. In nome, ed in forza, di un principio legislativo di dubbia consistenza costituzionale: le attività che hanno a che fare con la ricerca e l’estrazione di idrocarburi, “hanno carattere di interesse strategico” e sono definite “di pubblica utilità, urgenti e indifferibili”. Il governo Renzi porta così a compimento quanto avviato dal governo Monti con la Strategia energetica nazionale, il cui obiettivo resta quello della riduzione consistente della bolletta energetica nazionale, attraverso la diminuzione delle importazioni, nonchè l’aumento delle entrate fiscali a favore dello Stato. A torto o a ragione, sulla testa e sulla pelle dei territori. Nel dibattito parlamentare di questi giorni, è stato fatto notare da Mirella Liuzzi, parlamentare lucana del Movimento Cinque Stelle, che se si trattava di ricavare più soldi, sarebbe bastato rivedere la percentuale delle tasse di concessione che i petrolieri pagano in Italia: 300 euro per chilometro quadrato. In Norvegia, dove non ci sono “comitatini”, se ne versano 3.850 nei primi due anni, fino ad arrivare a più di 15 mila in quelli successivi. Se per ipotesi, Italmin dovesse trovare petrolio in tutti i 780 chilometri quadrati del Permesso Nusco, pagherebbe 234 mila euro l’anno! Si poteva fare qualcosa e di più per salvare la provincia di Avellino da quello che di fatto diventa un modello di modello di sviluppo oltre che discutibile, incompatibile con quello fondato su sostenibilità, ambiente, turismo, prodotti di eccellenza, che sia pure con fatica sta tentando di mettere in piedi in questi anni? Certo è che quando l’articolo 38 dello Sblocca Italia, che riporta in capo al Mise e al ministero dell’Ambiente i poteri decisori sulle autorizzazioni ambientali e non assegna parere vincolante alle Regioni e azzera anche i residui poteri dei Comuni, sono stati presentati 191 emendamenti che ne chiedevano l’abolizione o la modifica radicale, nessuno dei quali, absit iniuria, sostenuto da parlamentari irpini che sostengono il governo. Eppure, le buone ragioni si sprecano, come ha ricordato ancora ieri il Comitato No Triv di Gesualdo. Quelle sottolineate per mesi da un geologo autorevole come Sabino Aquino, in ordine ai concreti rischi delle trivellazioni su una struttura geologica “fragile e vulnerabile”, il cui reticolo idrografico sotterraneo è descritto come una spugna: assorbe e rilascia facilmente ogni sostanza con la quale viene a contatto; quelle sulla salute umana dell’oncologa del San Raffaele, Carmen Belli: dal suo studio, emergono allarmanti correlazioni tra l’esposizione agli agenti inquinanti immessi in atmosfera e l’incidenza di forme tumorali sull’aspettativa di vita degli abitanti nelle zone interessate dalle estrazioni petrolifere. La Belli, irpina d’origine, conferma, non smentita, l’associazione causale tra l’esposizione al petrolio e l’insorgenza di tumori ai polmoni, vescica, stomaco, leucemie e linfomi legati a sostanze contenute nel greggio come gli idrocarburi policiclici aromatici, acido solfidrico, nitrossido. E quelle infine, di uno scienziato di caratura internazionale come Franco Ortolani tra trivellazioni e terremoti che potrebbero derivare dalla sollecitazione di faglie dormienti che caratterizzano il sottosuolo irpino. Ortolani è la stessa persona che definì taroccate le carte presentate dalla Italmin: “E’ un imbroglio”, denunciò con dovizia di dettagli su questo giornale. Nessuno ancora si è preso la briga di ascoltarlo.
di Norberto Vitale
Il Quotidiano del Sud 24.10.2014