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Isochimica, la rivolta delle mamme: «La terra dei fuochi è anche in Irpinia»

Isochimica_avellinoDopo le dichiarazioni del dottore Polverini a Salerno si infiamma la protesta: «Siamo pronte a tutto, il prefetto non può ignorarci: subito la bonifica del sito».

Avellino – «I politici, i sindacati, i referenti religiosi e istituzionali devono vergognarsi. La conferma arrivata dagli esperti e medici salernitani che gli ex lavoratori dell’Isochimica sono contaminati dall’amianto conferma quanto in Irpinia è stato nascosto, negato per anni. Una fabbrica dei veleni continua a stare in piedi tra scuole e campi di calcio, case dove ci sono persone e bambini». Le mamme di Borgo Ferrovia commentano così la notizia arrivata ieri dall’ordine dei medici di Salerno. Una relazione che parla chiaro e resa nota dopo gli studi, verifiche e analisi condotti dal dottore Polverini. Ottanta ex dipendenti della fabbrica dei veleni sono contaminati e secondo l’esperto “dentro di loro c’è un killer pronto ad entrare in azione”. Rosetta Capobianco ha gli occhi lucidi e la voce piena di rabbia e dolore nel rimarcare come tutti gli anni trascorsi. «Ho perso mio marito per questo maledetto amianto – spiega -. Viviamo a 200 metri dall’ex Isochimica. Sono malata anche io. Mi hanno diagnosticato la stessa patologia di mio marito e sono costretta a vivere legata a una bombola di ossigeno. La rabbia è tanta nel vedere e constatare ancora una volta che solo in questa città c’è un muro di gomma, che permette dopo trent’anni che questo veleno sia ancora accanto alle nostre case ad avvelenare i nostri figli. Ne ho sei e ho paura per la loro salute». Il comitato delle mamme di Borgo Ferrovia annuncia nuove clamorose forme di protesta. «Siamo pronte a incatenarci. Stiamo programmando nuovi cortei e manifestazioni di piazza perchè questa fabbrica venga finalmente smantellata del tutto – precisa Rosetta Capobianco -». Ma non solo. Le mamme chiedono il supporto di Don Emilio Carbone, parroco di Corso Umberto nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli. «Ha avuto il coraggio di gridare le nostre stesse accuse: l’indifferenza delle istituzioni rispetto al dramma che vivono ogni giorno le famiglie. Don Emilio parlava di Piazza Castello e centro storico più in generale prigionieri e a rischio tra cantieri eterni e degrado. Noi la pensiamo come lui: i politici non possono appellarsi e burocrazie e procedure per giustificare ritardi che rischiano di compromettere il futuro e la salute delle persone. Centro storico e Borgo Ferrovia sono zone diverse di un capoluogo in cui c’è stato troppo silenzio e indifferenza. Intanto da Salerno è arrivata la conferma che il cento per cento degli operai salernitani dell’Isochimica di Avellino sono risultati contaminati dall’amianto fa tremare le gambe dei residenti dell’area. Lo ha detto, nella sede dell’Ordine dei medici e degli odontoiatri della provincia di Salerno, il professor Mario Polverino, direttore del Polo pneumologico dell’ospedale “Scarlato” di Scafati, nel corso della presentazione dello studio da lui condotto in due anni. Parole che pesano come macigni sul futuro degli ex lavoratori. Parole che confermano quanto annunciato da altri esperti negli scorsi mesi dopo screening condotti anche sugli operai irpini. Quadri clinici seriamente compromessi, secondo gli esperti salernitani, che potrebbero ulteriormente complicarsi se i diretti interessati dovessero continuare ad essere impegnati in lavori “difficili”, come fabbriche o aziende in cui si è a contatto con ulteriori sostanze. «L’amianto – ha spiegato – è pericoloso per la salute poiché le fibre che lo compongono, oltre mille volte più sottili di un capello umano, possono essere inalate e danneggiare le cellule mesoteliali, provocando, in alcuni casi, il cancro. Se si depositano nei polmoni, queste piccole fibre possono dare origine a varie malattie, come l’asbestosi o il tumore, come appunto il mesotelioma. É fondamentale che i lavoratori vengano controllati e monitorati per tutta la vita. All’interno del loro organismo hanno un killer pronto ad entrare in azione. É importante ricordare – ha ribadito Polverino – che vi può essere una latenza temporale particolarmente elevata, dai 15 ai 45 anni e che il rischio non diminuisce una volta eliminata completamente l’esposizione, ma rimane costante per tutta la vita».

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