L’acqua, finora, è stata almeno una specie di tabù. La giurisprudenza, d’altronde, l’aveva sempre considerata un bene primario, un servizio connesso anche all’articolo 32 della Costituzione, quello che “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Eppure qualcuno osava staccarla comunque: qualche inquilino che non aveva pagato le bollette e qualche occupante s’erano svegliati la mattina e dal rubinetto non usciva più niente.
PER EVITARE equivoci, quindi, il governo Letta aveva inserito norme apposite nel cosiddetto “collegato ambientale”, un testo che è da un annetto in Parlamento e scade il prossimo 31 dicembre: l’Autorità per l’energia e i ministeri interessati dovevano individuare il modo di ridurre la morosità, anche attraverso un fondo di garanzia statale che ripagasse i gestori del servizio, e garantire comunque “il quantitativo di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura di acqua per gli utenti morosi”. L’allora ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, lo aveva spiegato così: “Non si può lasciare all’azienda la facoltà di decidere del distacco dell’acqua. Bisogna garantire procedure adeguate, vista la specificità del bene acqua, che è un bene fondamentale per la vita umana”. Tutto giusto, poi il governo è cambiato e all’Ambiente è arrivato Gian Luca Galletti e alle Infrastrutture Maurizio Lupi, ministro che ha profondamente in spregio occupanti e morosi: come che sia, il 13 novembre la Camera ha finalmente approvato il “collegato ambiente”, solo che l’articolo sui distacchi dell’acqua, il numero 26, è misteriosamente sparito. Dello strano caso – che getta una luce non proprio benevola sul meccanismo con cui si fanno le leggi nel nostro Parlamento – s’è accorta Federica Daga, deputata del Movimento 5 Stelle espertissima del tema acqua. A quanto sembra dai resoconti è andata così. Il 4 settembre la commissione Ambiente approva finalmente il ddl presentato da Orlando (compreso l’articolo 26) e lo invia alle altre commissioni perché esprimano un parere sulle parti che le riguardano. Passa un mese e tutti rispondono: il 9 ottobre il relatore Alessandro Bratti (Pd) presenta alcuni nuovi emendamenti in cui recepisce “i rilievi recati nei pareri di talune commissioni” e fa “interventi di coordinamento sostanziale del testo”. È in questo pacchetto che compare l’emendamento 26.100 che sopprime l’articolo interessato, quello che impedisce di staccare l’acqua ai morosi, approvato in blocco con tutto il resto e in tutta fretta (la Ambiente in queste settimane s’è occupata pure del decreto Sblocca-Italia e ora dovrà esaminare la manovra).
C’È UN PROBLEMA: nessuna commissione aveva chiesto di sopprimere l’articolo 26 e difficilmente la cancellazione di una norma di questo genere può essere qualificata come “coordinamento del testo”. In Aula, purtroppo, nessuno ha pensato di sottolineare la cosa e sopprimere la soppressione. Ora il “collegato ambiente” è in Senato e va approvato entro la fine dell’anno, pena la decadenza: sarà difficile, insomma, correggerlo e farlo tornare alla Camera in tempo. Si conferma, in definitiva, il vecchio adagio di Otto von Bismark: “Meno le persone sanno di come vengono fatte le salsicce e le leggi e meglio dormono la notte”. Ma. Pa.