Quella di Matteo Renzi e del governo è una Legge di Stabilità tragica per l’Italia. Lo era già nel testo approvato da Napolitano, lo sarà ancora di più dopo che il paladino della flessibilità Renzi ha ceduto senza fiatare al compromesso con la Commissione europea. I già pochi benefici fiscali della stabilità saranno ancora dimagriti. I tagli alle tasse sono più che compensati da tagli indiretti ai servizi locali e non vi è alcuna traccia di investimenti produttivi nei settori ad alta occupazione e sostenibilità ambientale, come le rinnovabili o la manutenzione del territorio.
Così il Paese non può ripartire e un altro anno di recessione significa perdere ulteriore occupazione, competenze, benessere. La Grecia è vicina.
Viene allora da chiedersi: esiste un legame tra l’euro e questa Legge di Stabilità inutile e dannosa? La risposta è un SI grande come la faccia tosta di Renzi.
L’euro è il centro del problema. Ormai non lo sostengono più solo i cosiddetti economisti critici, o qualche premio Nobel, ma anche gli economisti più vicini alla politica e alle sue regalìe, che temono un’implosione dell’euro a favore delle forze antisistema.
Tecnicamente la questione è più semplice di quello che sembra: l’euro è unanon-moneta, perché non è stampato da governi democratici ma da una Banca centrale europea che risponde a interessi privati.
Questo ha due conseguenze:
1) Il governo non può stampare la sua moneta per finanziare investimenti produttivi, occupazione, ricerca e innovazione. In poche parole vi è la fine di ogni politica industriale, perché ogni euro speso deve essere restituito con gli interessi, controllati questi ultimi dai mercati internazionali.
2) In un sistema di cambi rigidi (come l’euro) un Paese non può svalutare la sua moneta per aumentare la competitività nei confronti di altri Paesi, rilanciare la domanda estera ed equilibrare la sua bilancia commerciale (importazioni – esportazioni). L’unico modo per abbassare i prezzi e vendere di più all’estero è attaccare i salari dei cittadini, e per questa via abbassare i prezzi dei propri prodotti. Le armi per farlo sono il ricatto della disoccupazione e il lavoro precario (vedi Jobs Act). Come ha ripetuto Beppe Grillo a Palermo “se non puoi svalutare la moneta svaluti i salari!”.
Svalutando i salari, però, distruggi la domanda interna e i consumi. Cosa ne deriva? I cittadini, minacciati da redditi sempre più bassi e lavori sempre più precari risparmieranno i pochi soldi guadagnati invece di spenderli. Le aziende italiane non venderanno più i loro prodotti. Distruzione dell’occupazione e del tessuto industriale italiano. Esattamente ciò che sta avvenendo dentro l’euro. L’impresa muore o viene svenduta a compratori esteri, i quali poi si riportano in patria i profitti.
In questa gabbia di ferro il Governo abdica dalle sue funzioni di ordine e sviluppo e si mette nelle mani di Paesi più forti o istituzioni private di natura finanziaria. Tutto ciò che può fare, se non si ribella, è restituire ogni euro preso a prestito con l’aggiunta di mostruosi interessi, esplosi proprio perché la domanda interna è stata distrutta e il debito non è più sostenibile. Un circolo vizioso iniziato e concluso dall’euro. L’euro è austerità. Non è possibile mantenere l’euro e sconfiggere l’austerità.
Lo dimostra proprio la Legge di Stabilità di Renzi. Tutto ciò che c’è di nuovo (tagli alle tasse per pochi miliardi) è recuperato dal taglio indiretto di servizi locali, aumentando il peso fiscale per le Regioni già piegate dalla crisi. Non vi è poi alcun margine per investimenti produttivi. Una finta manovra, di nuovo recessiva, che renderà ulteriormente insostenibile il debito pubblico italiano.
Per tutti questi motivi il M5S propone di uscire dall’euro, riprendersi la Banca d’Italia e con essa la possibilità di stampare moneta, gestire i tassi di interesse e progettare una politica industriale. La svalutazione iniziale non farà esplodere l’inflazione, dato che l’Italia è ormai in deflazione e ci sono milioni di disoccupati. Fuori dall’euro per tornare a decidere del nostro futuro!
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