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‘Trivelle senza sviluppo’, l’Irpinia fuori dal bonus

Caccia al petrolio. Soldi per infrastrutture solo a cinque regioni

Avellino- Manca una settimana al termine (non perentorio) della consultazione avviata dal Ministero dello Sviluppo sulla Strategia Energetica Nazionale (Sen), che contiene tra gli obiettivi il raddoppio della produzione petrolifera nazionale. Dopo una ventina di confronti tenuti al Mise e un’audizione al Senato, appare ormai tracciato il cammino su cui il governo intende orientare le scelte energetiche del Paese. E all’Irpinia non toccheranno i bonus infrastrutturali…

Mentre con la (contro)riforma del titolo V, proposta dal governo al Parlamento, si intende tornare a centralizzare tutte le opzioni operative di politica energetica (sottraendo a enti locali e regioni la possibilità di intervenire a tutela dei territori dai rischi connessi alle attività di estrazione mineraria), l’obiettivo di una proliferazione dei campi petroliferi viene promossa anche con incentivi infrastrutturali. Interpretando la linea dell’Unione petrolifera, che chiede per le aziende associate la chance di esplorare il sottosuolo senza l’intralcio di sindaci e cittadini, il piano del Mise punta a spianare la strada alle trivellazioni anche prima che i tempi (lunghi) di riforma costituzionale tolgano il potere di veto a Comuni e regioni. Per ‘ammorbidire’ i territori, ecco l’introduzione di particolari bonus a sostegno della ripresa occupazionale locale. Si intende finanziare infrastrutture al servizio di attività produttive e tecnologiche, girando a livello locale una parte dei proventi pubblici.

Il piano predisposto dal Ministero, attualmente al vaglio delle parti sociali, contiene spunti per la riprogrammazione degli investimenti sul territorio, sotto forma di incentivi e sostegni per l’industria e l’innovazione. L’intervento pubblico (nel solco del ‘dl liberalizzazione’ e degli altri strumenti legislativi di stimolo all’economia reale), sarebbe assicurato prioritariamente alle regioni che accetteranno la coltivazione degli idrocarburi. “Sviluppare le ricadute economicooccupazionali sui territori interessati”, l’indirizzo contenuto all’interno della sintesi che riporta gli ‘elementi chiave del documento di consultazione pubblica’, predisposto dal Mise e diffuso nell’ottobre scorso.
INCENTIVI, POCHI E NON PER TUTTI.  “Una quota delle maggiori entrate per l’estrazione di idrocarburi sarà destinata allo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento, come introdotto recentemente con il ‘dl liberalizzazioni’, supportando il rafforzamento dei poli tecnologici e industriali in Emilia Romagna, Lombardia, Abruzzo, Basilicata e Sicilia”, si legge nel piano. Tra le regioni beneficiarie non risulta la Campania (nonostante i diversi permessi accordati o in fase di assegnazione tra Sannio e Irpinia), ma nemmeno la Puglia, unite dalla forte propensione alle energie rinnovabili (di cui sono leader nazionali) e il co-interesse strategico sulle falde acquifere dell’Alta Irpinia. Non va molto bene nemmeno al più grande giacimento europeo sulla terra ferma, tuttavia. Nella ‘assediata’ Basilicata, dove è in corso davanti alla Consulta un braccio di ferro durissimo sull’ampliamento delle trivellazioni tra il governatore De Filippo e il governo, per incentivare la cultura degli idrocarburi, ogni ‘cittadino patentato’ incasserà un bonus per la benzina (appena 140 euro all’anno, a fronte dei 90mila barili di greggio estratti ogni giorno dai 39 pozzi nella sola Val d’Agri, oltre a circa 3,5 milioni di metri cubi di gas).
Una compensazione misera, perfettamente in linea con le modeste royalties accordate agli enti locali italiani. Le royalties per le estrazioni su terraferma vangono nel Belpaese il 10 per cento contro, l’80 della Russia e il 60 dell’Alaska, negli Usa. In Italia, inoltre, il pagamento delle royalties decorre solo dopo le prime 20 mila tonnellate di greggio e i primi 25 milioni di metri cubi di gas estratti in terraferma: sotto quella soglia c’è l’esenzione. Cifre poco incoraggianti, se si considera che la mitigazione dell’impatto ambientale assorbe gran parte dei pochi diritti riconosciuti.
Christian Masiello
ottopagine

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