LA SFORBICIATA DA 4 MILIARDI DIFESA AL TG1: “LE FAMIGLIE HANNO GIÀ DATO”. DOMANI DALLA D’URSO SU CANALE 5.
La manovra mediatica. Matteo Renzi non si sottrae al suo comandamento principe, apparire-twittare-annunciare, e comincia il suo nuovo tour televisivo per spiegare la buona novella della stabilità. Così in prima serata, nel Tg più visto dagli italiani, quello di Raiuno, compare un inedito Renzi statico e immobile, che non agita mani e corpo, e che accanto alla finestra che dà sul cortile di Palazzo Chigi difende tagli e scelte. La replica tv, ancora più pop, domani nel programma pomeridiano di Barbara D’Urso su Canale 5, l’emittente ammiraglia del suo amico Condannato con cui ha scritto il patto segreto del Nazareno. Renzi non arretra e non si spezza. A partire dai quattro miliardi di tagli imposti alle Regioni e che stanno causando la rivolta di tanti governatori sia amici sia avversari. Anzi, al Tg1, Renzi usa come scudo gli scandali regionali dell’ultimo biennio per giustificare la mannaia: “Le regioni hanno qualcosa da farsi perdonare, facciano la loro parte. Sono 30 anni che i sacrifici li fanno solo le famiglie. Ora è bene che li facciano altri, a cominciare dai ministeri e dalle regioni”.
La strategia del nemico sprecone
Chiaro il riferimento a quegli scandali che hanno avuto come epigono e simbolo il noto Franco Fiorito, consigliere regionale del Lazio nell’era del centrodestra di Renata Polverini. È questo uno dei punti chiave della nuova campagna mediatica. Anche per questo, l’ultima uscita renziana non ha disteso il clima nonostante le prove di mediazione avviate sia da Chiamparino, governatore del Piemonte e stavolta renziano ipercritico, e sia da Bersani, capo della minoranza dem disponibile a studiare soluzioni di compromesso e non di rottura totale sulla legge di Stabilità. Tutti segnali che confermano la forza contrattuale di Renzi e che ieri ha incassato il sostegno e la blindatura del Quirinale. Curiosa la motivazione, vista che Napolitano ammette di non aver letto “con attenzione” il presunto testo approvato dal Consiglio dei ministri mercoledì scorso: “Mi sembra ci siano misure importanti sia per la crescita sia per gli investimenti”. In ogni caso il fronte contrario dei governatori del Pd resta ampio. Si fa prima a dire chi è schierato con il premier: Marcello Pittella in Basilacata, Debora Serracchiani in Friuli Venezia Giulia, Gian Mario Spacca nelle Marche. Tra i sindaci, oltre allo scontato sì dell’amico Dario Nardella, che lo ha sostituito a Firenze, spicca il favore di Ignazio Marino a Roma, che ha ottenuto 110 milioni di euro per la città. Sull’altro fronte, l’attacco di Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio, indicato da più parti come potenziale leader antirenziano del Pd, è violento, senza giri di parole: “Si chiede alle Regioni di finanziare scelte del governo che non abbiamo preso noi, come gli ottanta euro.
L’occupazione televisiva continua
Il governatore della Puglia Nichi Vendola, capo di Sel, ribalta tutte le accuse di Renzi: “Ha ragione Renzi, le Regioni hanno una grave colpa da farsi perdonare : la colpa di aver consentito ai governi di saccheggiare le risorse dei territori. Non dobbiamo ripetere l’errore. Vedo poi che Renzi occupa le tv e i Tg con la sua propaganda, più che ai tempi di Berlusconi. Qui non si cambia verso, al massimo si cambia canale!”. La battaglia sulle Regioni sarà indicativa non solo dei futuri equilibri interni del Pd ma soprattutto della volontà del premier di usare questa manovra come pretesto per andare al voto anticipato. Del resto, lo scudo degli scandali regionali per giustificare i tagli rappresenta anche un formidabile argomento da campagna elettorale. A Palazzo Chigi, nonostante le smentite quasi quotidiane, lo staff di Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, sta mettendo a punto un emendamento per agganciare il Senato (abolito solo nella prima lettura delle riforme) all’Italicum. I sospetti su un election day che abbini elezioni politiche e regionali sono stati rilanciati ieri dall’Huffington Post, quotidiano online. La scenario descritto è clamoroso: Berlusconi subirebbe un cappotto di 9 a zero, sommando le sette Regioni al voto nella prossima primavere e le due invece che andranno alle urne tra poco, Emilia Romagna e Calabria.
f.d’e
Il Fatto Quotidiano 18.10.2014