Che fine ha fatto l’amnistia? E l’indulto? E l’incivile affollamento delle carceri? Lo scottante e imbarazzante tema è uscito dall’agenda politica. “Maiora premunt”, come dicono i raffinati. C’è la scissione del Pdl, e bisogna occuparsi dell’affollamento di falchi e colombe. C’è il congresso del Pd, e occorre contrastare il sovraffollamento dei circoli, invasi da false tessere, dicono gli interessati. I carcerati possono continuare a marcire.
E però, a 40 giorni dal solenne messaggio alle Camere di Giorgio Napolitano, ciò che maggiormente colpisce non è il ripugnante cinismo dei tanti (non tutti) i politici – che l’8 ottobre scorso giudicavano l’amnistia urgente, urgentissima, da fare non in pochi giorni ma in poche ore, perché c’erano vite da salvare – e poi si sono dimenticati. Sono stati aggrediti come infami carogne, potenzialmente assassine, tutti coloro che per diversi motivi, a torto o a ragione, sollevavano dubbi. E sempre in nome di una superiore ragione umanitaria che doveva prevalere su tutto.
DI QUELLO SHOW parolaio c’è rimasto solo il garantismo compassionevole, quella strana perversione logica per la quale avere le carceri affollate di migliaia di poveretti trattati come bestie non è un primario problema di governo (cioè della politica nel suo senso più nobile), ma un insieme di casi umani da trattare come tali. Con la telefonata, la segnalazione, l’aiutino, e nei casi più gravi l’interrogazione parlamentare. Insomma, stiamo parlando dello spirito umanitario in nome del quale dice di essersi messa nei guai Annamaria Cancellieri. Ma c’è qualcosa che non torna. Ieri su l’Unità il senatore Luigi Manconi è tornato a sollevare tre casi di detenuti gravemente malati ai quali i magistrati hanno rifiutato a vario titolo e per diverse ragioni l’uscita dal carcere. Sono storie concrete, drammatiche, con nome e cognome: Vito Manciaracina, 78 anni, Brian Gaetano Bottigliero, 25 anni, Vincenzo Di Sarno, 35 anni, sono tre uomini di fronte ai quali lo Stato italiano, e i suoi cittadini tutti, dovrebbero arrossire di vergogna qualunque sia la loro colpa, accertata o presunta. Dice Manconi che lo scandalo non è il presunto trattamento di favore riservato a Giulia Ligresti, ma proprio che la stessa modalità caritatevole non si sia estesa a tutti i carcerati con problemi simili: “Se la Ligresti ha ricevuto l’attenzione del ministro e, a seguire, del sistema dell’informazione e del Parlamento, Manciaracina, Bottigliero e Di Sarno sono stati ignorati da tutti. E, insieme a loro, sono stati ignorati decine e decine di detenuti che patiscono condizioni simili”.
IL GUARDASIGILLI Cancellieri ha reagito alle accuse rivendicando 110 interventi simili a quello per la Ligresti in tre mesi. Siamo a un intervento al giorno. Manconi sostiene di aver personale cognizione di questo slancio umanitario, e allude ad altre iniziative simili da parte di esponenti politici e istituzionali , insomma di chi è in grado di alzare il telefono e fare un numero giusto. Un traffico continuo, insomma, e si capisce, visto che continuiamo a tenere migliaia di persone in carcere come animali. Si dà però il caso che Manciaracina, Bottigliero e Di Sarno non sono in mano all’Anonima sequestri, ma allo Stato Italiano. E dunque i loro diritti dovrebbero essere garantiti lavorando per un miglior funzionamento dell’istituzione carceraria: sostituendo dirigenti, facendo leggi, migliorando le strutture. È da paese civile che la salute dei carcerati dipenda dalla telefonata compassionevole o dall’interrogazione parlamentare? Insomma, la dignità dei cittadini è ormai così corrosa dal paternalismo di una politica corrotta che i diritti civili valgono solo in caso di interessamento caritatevole di un potente?
Il Fatto Quotidiano 19.11.2013