La Semplicità cifra del presente: cucina regionale, una telefonata del Papa o della Ferilli, una pagina di Fabio Volo.
Il 28% degli italiani secondo l’Ocse non capisce quello che legge, un terzo capisce così e così ma non sa che farsene. Si chiama analfabetismo funzionale. Dopo l’intossicazione di politichese da pentapartito e frattaglie, paraculese post-DC, intortese da partito dell’amore, torna la voglia di cose buone. La burocrazia, dispiace per Monti&Fornero, ancora ci attanaglia; le tasse hanno assunto acronimi di 5, 6, 8 lettere; la semplificazione di Calderoli era più che altro antropologica. Voilà Renzi. Renzi è nella politica ciò che Antonio Banderas è nell’industria dei prodotti da forno: un fattore caruccio che omette bilanci aziendali e vertenze sindacali parlando con una gallina (dove noi siamo la gallina). Il popolo della Leopolda, ha detto, “sarà un partito semplice, capace di farsi capire anche da un bambino”. Eminenti personalità della delenda sinistra vanno da Floris a citare Tocqueville: in sala borbottano i nostalgici delle mignotte. Fassina ci mette in guardia dal rischio Renzi, facendogli il favore più grande, giacché la mente semplice dell’elettore capisce che l’alternativa a Renzi è Fassina. Lui si scalda a bordo campo e vede che c’è tutta una fascia rimasta scoperta, quella dell’emozione: alterna scatti e corsetta, inviti a giocare tipo Ringo Boys, calorose strette di mano da direttore Tecnocasa, affidabile come un istruttore di nuoto, amatissimo dalle mamme. Nella città che amministra, monta su per il quarto anno una kermesse da predicatore del Tennessee: scenografie tra lo studio di X-Factor e un’aula della scuola Holden, chez Baricco seduto in sala con chioma gorgonica sotto cui frullano un sacco di idee, competenza, creatività. L’eloquio dei relatori è un po’ macchinoso, rispetto allo sparaconcetti-Renzi: fare, sogno, concreto: una pioggerella di parole calmanti, antidotiche, che vanno subito in circolo, come un’intramuscolo.
Nel libro Fuori!, la parola cuore compare 23 volte in 111 pagine, amore 10, famiglia 35, speranza 14, lavoro 45, spesso nell’accezione di mestiere (“faccio un lavoro fantastico”). La lingua accarezza, mai contundente, mai irrigidita nel lessico da apparato; quando è apodittica, è per dire la più incontrovertibile delle banalità: “Il verbo fare non appartiene alla cultura politica di una parte, ma di tutti”. E sia. Si parla di parole, anzi di parole per dire le parole: “diamo un nome al futuro”: una retrocessione, dopo lo Scrivere il futuro di Repubblica.
AL POSTO delle parole d’ordine, cemento dei partiti del dopoguerra, gli hashtag; in luogo della prassi non la teoria, ma la retorica dell’azione, tra il futurismo e Pieraccioni. De Mita si sforzava di parlare italiano, lui si sforza di mantenere il dialetto, sapendo che l’Italia è ancora quella del Musichiere e della Ruota della fortuna, a cui partecipò l’anno della discesa in campo di chi sappiamo. “Basta parlare di Berlusconi. Parliamo degli italiani”, come se B. sedesse al parlamento dell’oblast’ di Kaliningrado. Anti-casta (“fare il sindaco significa litigare contro uno stilista famoso che ha una pedana davanti al locale che toglie spazio al gioco dei bambini”), lirico (“l’arcobaleno dei loro sogni esige una città, non una vetrina”), Renzi sta sulla tavola da surf nella bonaccia italiana, e aspetta che passi l’onda su cui sono saliti Obama, Pepe Mujica e Bergoglio, visto che esiste solo una grande chiesa che parte da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa, come insegna il genius loci della Leopolda, Jovanotti: quell’onda che viene e che va su cui fosforeggiano spontaneità, bicicletta, pane al pane, e un grano di sagacia toscana.
Ma qual è l’atout di Renzi, cosa lo rende qualcuno in un contesto in cui i suoi coetanei sono nessuno nonostante le iniezioni di quid? L’ironia, quella del rappresentante d’Istituto che proclama l’autogestione mettendo su il VHS di Amici miei? Il corpo, asciugato dalle corse in camper per le primarie, perse in modo molto di sinistra? L’eros, quello del neosposo in viaggio di nozze che usa gli sconti Groupon? Non ha piuttosto diserotizzato la politica con la faccia tosta e post-acneica di chi si impegna più che essere dotato? Sì: la sua rivoluzioncina semplice sovrascrive il corpo politico italiano in doppiopetto e doppiotacco col fisico leale e senza sovrastrutture dello start-upper generoso e non ideologico, quasi un grillino che sappia far di conto; le maniche di camicia di Bersani, troppo studiate per essere semplici, con una mise svelta e post-politica per analfabeti funzionali, come va va.
di Daniela Ranieri