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Allarme credito, al Sud su il rischio usura

usuraUn’analisi della Cgia di Mestre: giù i prestiti alle famiglie in Meridione. Soprattutto in Calabria e Basilicata.

La stretta del credito si fa sentire soprattutto al Sud, dove aumenta il rischio usura. E’ quanto emerge da un’analisi della Cgia di Mestre. Tra il maggio del 2012 e lo stesso mese di quest’anno, la riduzione nell’erogazione del credito ha interessato soprattutto la Calabria (- 4,3%, pari ad una variazione di – 374 milioni di euro), la Basilicata (-4,2% che corrisponde a -102 milioni), la Sicilia ed il Molise (entrambe con -2,7% ed una contrazione rispettivamente di 789 e di 40 milioni di euro) e la Campania (-2,6% con un monte impieghi che è diminuito di 794 milioni di euro). Per gli artigiani mestrini dei 5 miliardi di euro in meno che in questo ultimo anno sono stati concessi alle famiglie italiane, quasi 3 (pari al 59% del totale) sono stati ’tagliati’ alle famiglie del Mezzogiorno. Per contro, si consolida il rischio usura proprio in queste realtà del profondo Sud. Dall’analisi dell’indice del rischio usura realizzato ormai da più di 15 anni dall’Ufficio studi della CGIA, emerge che nel 2012 la Campania, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Puglia e la Sicilia sono le Regioni dove la ’penetrazione’ di questo drammatico fenomeno sociale/economico ha raggiunto livelli molto preoccupanti.

“In altre parole – segnala Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia – a fronte di una contrazione del credito alle famiglie consumatrici che si è fatta sentire soprattutto nel Mezzogiorno, c’è il pericolo che il rischio usura, già presente in questi territori in misura maggiore rispetto altrove, assuma dimensioni allarmanti”. Le cifre riportate più sopra sul ’credit crunch’ sono state elaborate dalla Cgia su dati della Banca d’Italia. L’indice del rischio usura, invece, è stato calcolato mettendo a confronto alcuni indicatori regionalizzati riferiti al 2012: quali la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito. In pratica è stato individuato l’indice del rischio usura attraverso la combinazione statistica di tutte quelle situazioni potenzialmente favorevoli alla diffusione dello ’strozzinaggio’.

“Dimensionare l’usura solo attraverso il numero di denunce – commenta ancora Bortolussi – non è molto attendibile perché il fenomeno rimane in larga parte sommerso e risulta quindi leggibile con difficoltà, approssimazione e attendibilità relativa. Per questo abbiamo messo a confronto ben 8 sottoindicatori per cercare di dimensionare con maggiore fedeltà questa emergenza. Ma quello che forse pochi sanno, – conclude Giuseppe Bortolussi – sono le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi per artigiani e commercianti, sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori economici nella morsa degli usurai. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie o infortuni”. Ritornando alla metodologia di calcolo di questo indicatore, si evince che nelle aree dove c’è più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiore sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, la situazione è decisamente a rischio. Ebbene, rispetto ad un indicatore nazionale medio stabilito dagli esperti della Cgia pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania: l’indice del rischio usura è pari a 169,2 (pari al 69,2% in più della media Italia), in Basilicata si attesta al 159,2 (59,2% in più rispetto alla media Italia), in Molise si ferma a 153,1 (53,1% in più della media Italia), in Calabria a 150,4 (50,4% in più della media nazionale) e in Puglia il livello raggiunge quota 139 (39% in più della media Italia). Mentre la realtà meno ’esposta’ da questo fenomeno è il Trentino A.A., con un indice del rischio usura pari a 49,2 (50,8% in meno della media nazionale). Seguono la Valle d’Aosta, con 57,6 (42,4% in meno della media Italia) e il Friuli Venezia Giulia, con un indice del 69,7 (30,3% in meno della media nazionale).

Redazione
La Stampa 22.08.2013

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