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Il gioco di prestigio di Letta: via l’I mu , ma resta la tassa

Governo-Letta

 Aria  fritta”. Così al Tesoro giudicano i vari scenari di riforma dell’Imu che giornalmente vengono pubblicati dai giornali: sgravi di qua, stangata sui villini di là, abolizione completa alla Brunetta o rimodulazione alla Fassina.

Il ministero guidato da Fabrizio Saccomanni è invece assai più ambizioso e pensa di riuscire  a svicolare tra i fronti contrapposti della sua maggioranza attraverso una riforma complessiva della tassazione locale che passa dunque per la cancellazione dell’Imu come pure della Tares, la nuova tariffa sui rifiuti e i servizi comunali che dovrebbe altrimenti funestare il dicembre degli italiani. “È evidente che l’Imu non ci sarà più, è una tassa sbagliata, che deve essere superata con una nuova imposta sui servizi”, dice ad esempio Francesco Boccia (Pd), presidente della commissione Bilancio della Camera molto vicino al premier Enrico Letta. Imu e Tares, spiegano fonti governative, si pagano entrambe in proporzione sulla casa (o il capannone) e quindi possono essere accorpate e rimodulate con l’effetto – non sgradevole – di ridurre gli adempimenti per il contribuente: “A quel punto – è la conclusione – ci saranno una decina di italiani in tutto capaci di fare i conti su quali categorie pagano di più o di meno rispetto a prima e tra quelli, per dire, non c’è Brunetta”. La scappatoia di Letta e Saccomanni per evitare la crisi, insomma, per quanto razionale e con benefici effetti di sburocratizzazione, è una specie di gioco delle tre carte, un tentativo di buttare la palla in tribuna.

NON TUTTO, però, potrà rimanere nascosto dalle complicazioni tecniche. Se infatti sarà parecchio difficile calcolare quanta parte della nuova imposta possa effettivamente essere attribuita alla componente Imu per ogni singola posizione, i grandi aggregati dovranno essere scritti nero su bianco nella relazione illustrativa e relative tabelle di bilancio: da lì si capirà subito se la nuova mega-tassa locale sarà o meno una fregatura. Per capirci, da Imu e Tares quest’anno dovrebbero entrare senza modifiche circa 30 miliardi di euro: 22 più o meno dalla tassa sugli immobili, 8 dalla tariffa su rifiuti e servizi (quasi due miliardi in più, peraltro, rispetto agli esborsi del 2012 garantiti dalle vecchie tasse sui rifiuti). Presentando la nuova tassa il governo dovrà indicare quanto dovranno tirar fuori complessivamente gli italiani e quanto, dunque, sarà l’eventuale taglio delle tasse locali: la prima casa, da sola, ne vale quattro, i capannoni almeno sei, gli aumenti della Tares – come detto – circa due, quantità che non possono certo essere nascoste sotto al tappeto. Non solo, essendo tributi locali ogni diminuzione di gettito comporta una compensazione che lo Stato deve (o dovrebbe) ai Comuni: “L’esecutivo – mette le mani avanti il neopresidente dell’Anci, Piero Fassino – deve indicare di quali risorse disporranno i Comuni quest’anno e i prossimi, risorse che non potranno essere meno di quelle attuali e dovranno essere disponibili contestualmente al superamento dell’Imu”.

PER ORGANIZZARE il gioco di prestigio, però, serve tempo e infatti ieri il governo ha cominciato improvvisamente a rinviare la scadenza della riforma: non più agosto, come prevede ad esempio il decreto che sospende la prima rata dell’Imu, ma l’autunno. “Non è né un capriccio né un modo per rinviare – s’è difeso il ministro del Lavoro Enrico Giovannini – Le decisioni pluriennali vengono prese dal Parlamento con la legge di Stabilità. Questi sono i tempi in tutta la Ue, come definiti dal semestre europeo, e questi sono i tempi in cui il governo deciderà su Imu, aumento dell’Iva ed eventuale taglio del cuneo fiscale”. La legge di stabilità, come la vecchia Finanziaria, arriva alle Camere in ottobre. Autunno appunto. Entro agosto, invece, verranno definiti i criteri: roba generica, senza coperture, che può servire a tener buono il Pdl ancora qualche mese (e a settembre, per dire, ci saranno le elezioni tedesche). Compito forse meno difficile di quanto sembri visto che il partito di Silvio Berlusconi continua a gingillarsi con gli attacchi al ministro Saccomanni – o all’innocuo vice Stefano Fassina (Pd) – e non pare aver compreso che il Tesoro organizza il gioco delle tre carte sull’Imu in accordo perfetto con Enrico Letta e nell’acquiescenza degli stessi ministri del Pdl.

di Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 09.07.2013

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