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Il ministro Idem si fa una palestra al posto della casa

Josefa-IdemINTERROGAZIONE PARLAMENTARE DEL M5S SU ICI NON PAGATA E STRANI CAMBI DI RESIDENZA.

 Per il Movimento 5 Stelle, che oggi presenterà un’interrogazione parlamentare, ci sono pochi dubbi. Se i fatti sono veri, visto che Josefa Idem è tedesca, dovrebbe seguire l’esempio dei ministri suoi connazionali che per una semplice tesi di laurea copiata lasciano la poltrona e si dimettono. Anche perchè qui in ballo non c’è una storia di gioventù. C’è un’Ici non pagata per tre anni e ci sono irregolarità edilizie: una palestra per il fitness censita come abitazione e ristrutturazioni senza autorizzazione.
Il caso scoppia a Ravenna, città di residenza dell’ex campionessa di canoa, dove fino al 4 febbraio 2013 la neoresponsabile del dicastero delle Pari opportunità dichiara di abitare in via Carraia Bezzi n.104, nella frazione di Santerno, anche se il marito e la sua famiglia sono residenti a pochi metri di distanza, in via Argine Destro Lamone n.23. Una doppia residenza che, secondo i documenti del Comune che IlFat toQuotidiano.it   ha potuto consultare, ha un risultato importante: “i coniugi non hanno corrisposto l’Ici per gli anni 2008 al 2011 fruendo dell’esenzione prevista per legge”. Un bel problema per chi aspira a fare politica. Così il 4 febbraio, pochi giorni dopo l’annunicio della sua candidatura nelle file del Pd, Josefa Idem sposta la residenza nella casa del marito. E solo il 5 giugno 2013, si mette in regola con l’Imu, grazie a “un versamento a titolo di ravvedimento operoso” per l’edificio di via Bezzi, fino al febbraio precedente considerato la prima casa e all’improvviso diventato “altra abitazione”. In via Bezzi i coniugi vivevano in un piccolo appartamento fino al 2008, poi il trasferimento, ma a cambiare residenza era stato solo il marito. “Una dimenticanza”, ha ammesso Guerrini parlando con la stampa locale. Ma la storia non si chiude qui. Ed è ancora più scivolosa, assai poco tedesca e molto italiana. Di mezzo infatti c’è anche la palestra denominata “Jajo gym”, che ha come sede proprio quella che secondo la burocrazia doveva invece essere la prima casa per la Idem.UNA STANZA con qualche attrezzo personale? No, la palestra di via Bezzi è un’attività commerciale a tutti gli effetti, con macchinari e corsi “per combattere lo stress, scacciare l’ansia e le preoccupazioni”, come si legge sulla pagina Facebook promozionale. E secondo gli accertamenti disposti dal Comune di Ravenna, presenta alcune irregolarità. Il problema sono i locali indicati come “sala attrezzi, taverna soggiorno, studio e servizi igienici con spogliatoio” tutti al serivizio di Jajo gym, società sportiva dilettantistica. Secondo i documenti ufficiali, l’unità immobiliare è unica e ed è censita, anche catastalmente, come abitazione. Problematiche, si legge in un “accertamento di illecito” dell’ 11 giugno, sono pure “alcune macchine di condizionamento e canalette vicino alla tettoia” che non sono segnalate. I geometri del Comune dopo un sopralluogo dicono che “non risulta la conformità edilizia e l’agibilità della struttura”. C’è stato un restauro in assenza di Segnalazione certificata di inizio attività (Scia). Fatti imbarazzanti che, come riportano i documenti del Comune, hanno spinto “la proprietà a mettersi in contatto con gli uffici per dichiararsi disponibili a presentare apposita istanza in sanatoria”.I primi a sollevare il caso erano stati i giornali locali, con la Voce di Romagna che aveva rivelato la storia delle due case della campionessa partendo dagli elenchi elettorali del territorio. Poi erano arrivate le interrogazioni del Pdl e del M5S al sindaco Pd Fabrizio Matteucci. E i controlli anagrafici, rimasti per giorni segreti. “Gli accertamenti”, aveva dichiarato ai giornalisti un imbarazzato Matteucci, “erano già stati autonomamento avviati dagli uffici competenti”. E per il momento, “non vengono divulgati perchè, come in tutti i casi simili, l’azione dell’Amministrazione e degli uffici competenti è ispirata ai principi dell’imparzialità e dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge”. Il consigliere Pietro Vandini, capogruppo dei 5 Stelle in Consiglio a Ravenna, ha però scritto pubblicamente alla sua concittadina: “Visto l’importante ruolo che ricopre, non ritiene necessario fare luce circa le notizie emerse? Se non fosse così, mi autorizza a divulgare gli atti? Se risultassero irregolarità sarebbe pronta a dare le dimissioni?”. Questa mattina in Senato sarà la volta del capogruppo Nicola Morra, che depositerà un’interrogazione sulla questione. Il parlamentare chiede spiegazioni, sul piano etico e si augura che tutto “sia uno spiacevole equivoco”. Ora tocca alla ministra chiarire.
di Martina Castigliani
Il Fatto Quotidiano 19.06.2013

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