L’ammucchiata di avvoltoi intorno al +0,4% di Pil del secondo trimestre è raccapricciante. I twittatori seriali del Pd, a partire da Renzi, si sono scatenati per prendersi i meriti di una ripresa che non dipende da loro e che poggia su basi fragilissime. Lo stesso Gentiloni ha deciso di partecipare alla festa tragicomica di un’economia in piena stagnazione.
Bastano poche semplici verità economiche per smontare il teatrino ipocrita della propaganda renziana:
1 – L’italia è tornata ad una (fragile e modesta) crescita principalmente a causa di fattori esterni, che hanno trascinato la nostra economia fuori dalla recessione senza alcun merito dei governi degli ultimi tre anni.
In particolare, il Quantitative Easing della Bce ha consentito di risparmiare risorse dagli interessi sul debito pubblico e quindi di diminuire il ritmo del massacro sociale, che è comunque proseguito (tagli alla sanità, alla spesa per investimenti e agli enti locali).
Il deprezzamento dell’euro ha spinto le esportazioni.
Il crollo del prezzo del petrolio ha avvantaggiato un Paese trasformatore come l’Italia, povero di materie prime che deve importare.
Questi fattori esogeni sono temporanei e presto cesseranno di esistere. La Germania sta aumentando le pressioni su Draghi perché metta fine all’espansione monetaria, e in ogni caso il mandato del governatore italiano finirà nel 2019. Senza QE che ne sarà del nostro debito pubblico e della spesa per interessi?
2 – L’Italia è fanalino di coda in Europa già dal 2016 e si conferma tale anche nella prima metà del 2017: mentre l’Ue cresce nel secondo trimestre ad una media dello 0,6% l’Italia fa 0,4% e su base tendenziale (rispetto cioè al secondo trimestre di un anno fa) l’Italia è nettamente ultima, con il suo 1,5%, mentre la media europea è del 2,3%, la Spagna cresce del 3,1%, l’Olanda del 3,8%, la Germania del 2,1%, la Francia dell’1,8% e persino il Regno Unito, rallentato teoricamente dalle trattative per la Brexit, fa meglio con l’1,7%
3 – La crescita italiana è squilibrata a favore dei grandi mentre penalizza lavoratori e PMI: è evidente a chiunque viva nel paese reale che l’occupazione stia crescendo a discapito della qualità del posto di lavoro e dei salari. Una volta scaduti i costosissimi incentivi renziani per il contratto a tutele crescenti, infatti, hanno smesso di crescere i contratti stabili e sono cresciuti solo contratti a termine e voucher. Questi ultimi sono stati aboliti per evitare un referendum popolare per poi rientrare dalla finestra nella manovrina imposta da Bruxelles.
La disoccupazione ufficiale, inoltre, continua ad oscillare tra l’11 e il 12% e quella reale, che comprende anche gli scoraggiati e i sottoccupati involontari è a livelli superiori che in Grecia, al 30%, come dimostra Alberto Bagnai in un recente articolo sul Fatto Quotidiano
4 – il nostro sistema bancario è sull’orlo del baratro, e basterà una corrente negativa, come la fine del QE o un nuovo capitolo della crisi greca, per mandare sul lastrico altre decine di migliaia di risparmiatori. A quel punto non ci saranno vie di uscita per una classe politica che ha nascosto per anni la realtà
5 – L’Europa ci chiede di ratificare il Fiscal Compact e di pareggiare il bilancio pubblico nei prossimi tre anni: questo significa che l’era della flessibilità è finita. Nei prossimi anni si tornerà a sputare sangue per rispettare parametri di bilancio insensati e già dall’1 gennaio 2018 l’Iva crescerà dal 22 al 25%.
Siamo quindi di fronte ad una ripresina fantasma, che si accompagna alla precarizzazione del lavoro giovanile, alla stagnazione tendenziale dei consumi e della produzione industriale e all’aumento delle diseguaglianze sociali. Non appena finirà la congiuntura esterna favorevole, l’Italia tornerà nella spirale della recessione, e chi oggi gioca con la pazienza dei cittadini italiani dovrà raccogliere i cocci del suo partito e della sua breve carriera politica.
di MoVimento 5 Stelle