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Butta la palla e vai

renzi_assembleaLa promessa di Renzi di tagliare le tasse ha già avuto pieno successo.

Nel senso che dopo un mesetto in cui era stato costretto a occuparsi (con scarso successo) di questioni dettate dalle urgenze del reale – Europa, Grecia, immigrazione, terrorismo internazionale, ma anche scivolose questioni locali) il premier ha colto l’appuntamento del Pd a Expo per tornare a imporre quella che gli addetti ai lavori chiamano «l’agenda politica», cioè l’attualità di cui media e dintorni si occupano un paio di giorni per poi passare ad altro boccone.

Quello che contava non erano le tasse da abbassare, è ovvio. Quello che contava era uscire da un periodo di oscuramento mediatico. Quello che contava era sterzare i titoli dei Tg, i confronti televisivi o radiofonici e – perché no – anche il dibattito sui social, che ormai sono un altro terreno conquista di consenso.

A questo servivano, le tasse da abbassare, quindi la manovra è appunto riuscita.

Matteo Renzi sarà ricordato per diverse cose, ma tra queste ci sarà anche il fatto che è stato il primo premier a utilizzare in modo continuativo e deliberato quel meccanismo che chiamerei “circuito politico-mediatico”: se il Palazzo è in difficoltà, si inventa da zero un nuovo tema di dibattito; ai media non sembra vero di avere un piatto nuovo da ammannire ai propri utenti, annoiati di ciò di cui si parla già da due o tre giorni. Quindi il vantaggio è reciproco.

I più informati dei miei colleghi sostengono che dietro questa strategia c’e il super addetto stampa di Palazzo Chigi Filippo Sensi, che avrebbe studiato queste tecniche in Inghilterra o altrove e le starebbe applicando con chirurgica precisione sui media italiani. E sarebbe lui a far uscire anche i falsi retroscena che portano alla formula (usatissima dal Corriere e non solo) “Renzi dice a suoi che…”: mentre Renzi ai suoi quel giorno non ha detto un tubo e con quell’artificio vuole solo far sapere informalmente qual è la linea, usando all’uopo i giornali.

Può darsi, naturalmente, che Sensi sia davvero il grande burattinaio mediatico: tra l’altro ha una faccia così silenziosamente sorniona che si attaglia perfettamente al ruolo. Tuttavia ho l’impressione che non ci sia troppo complottismo da fare: i media italiani, con poche eccezioni, sono talmente malleabili e malconci che li orienterebbe a piacimento anche un ragazzo appena uscito da un corso biennale di relazioni pubbliche.

In generale, comunque, questo post non è una critica verso Renzi. Non c’è potere che non abbia provato e non proverà a manovrare i media. Non è che chi verrà dopo Renzi li userà dunque di meno, anzi probabilmente li userà di più. Proprio come Renzi ha rappresentato con questi trucchetti un passaggio in più rispetto a Berlusconi, che si limitava a farsi i video con la calza e a sfruttare il proprio potere televisivo. E Berlusconi ha rappresentato un passaggio in più rispetto ai politici della Prima Repubblica, che erano rinchiusi nei loro giornali di partito, nelle loro dichiarazioni all’Ansa, nei loro raccomandati assunti in Rai.

Non è quindi il caso di inveire più di tanto contro Renzi e i suoi comunicatori, né di temerli come invincibili pupari dotati di chissà quali know how occulti: semplicemente, fanno il loro lavoro. Il problema non sono loro: semmai è fuori di loro. Nell’accondiscendenza colpevole di molti media, certo. Ma anche (soprattutto) nella scarsità di strumenti culturali diffusi per conoscere queste strategie comunicative e scoperchiarle, anziché assecondarle.

A proposito: avete visto ieri in quanti hanno abboccato come trote all’uscita estiva sulle tasse?

di Alessandro Gilioli
gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/

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