Acqua Ecologia

Petrolio, insorge il Comitato di Tutela del Fiume Calore

Comitato di Tutela Fiume CaloreTAURASI – “Si corre il rischio di raschiare il fondo del barile”. È in sintesi il pensiero del Comitato di Tutela del Fiume Calore che ritorna con grande energia a porsi come interlocutore delle istituzioni, come attenti osservatori della realtà territoriale, e in difesa dell’ambiente.

Non potevano, quindi, esimersi dal non prendere parte attiva nella questione delle trivellazioni petrolifere che riguardano l’Irpinia. Il convegno di questo sabato, 16 febbraio, è nato proprio dalla presa di posizione e dalla sinergia fra il CTFC e il Comitato NO Trivellazioni in Irpinia. «Sabato prossimo sarà l’occasione, rinnovata, di uno scambio di opinioni, tra illustri gestori della res pubblica, in merito “all’ultima” modalità di approvvigionamento energetico che rischia di incombere sul nostro territorio dal lontano 2002, anno in cui la compagnia Italmin Exploration Srl chiede e ottiene il rilascio del permesso di ricerca di idrocarburi nelle province di Avellino e Benevento, ma solo oggi se ne comprende appieno la gravità. Grazie all’impegno di straordinari volontari e docenti che hanno diffuso i pericoli ambientali, sociali ed economici documentando con relazioni tecnico-scientifiche e ragguardevoli esempi, questa minaccia è stata portata alla luce dell’opinione pubblica. La nostra Irpinia è verde perché a renderla tale è l’acqua, che sgorga dalle sorgenti e queste sono l’unica irripetibile, vera, ricchezza del territorio. Le sorgenti sono già il nostro petrolio – sostengono fermamente dal gruppo del CTFC –. Non solo perché hanno reso il territorio fertile regalando colture di pregio ma soprattutto perché dissetano più di tre milioni di persone e sono l’ultima porzione di acqua non ancora inquinata. Forse è davvero troppo scontata per apprezzarla oppure siamo troppo “lupi” da non volerne ostinatamente prenderne atto? Il Comitato di Tutela del Fiume Calore ha potuto costatare la grande inoperosità per la tutela del territorio. Lo dimostrano il perenne inquinamento dei nostri fiumi (il Calore, il Sabato, l’Ufita), il lago di Conza, le discariche lungo gli argini, le discariche di amianto in prossimità delle sorgenti, i letti in secca nel bacino idrico più grande del mezzogiorno d’Italia a valle come a monte, infrastrutture di dubbia necessità e senza regolari valutazioni in cause giudiziarie da oltre trenta anni. Oggi, questa è la tutela delle nostre acque, domani con un pericolo in più come andremo a finire?». Altri gli interrogativi che piombano nella discussione: «Queste società interessate alla ricerca di idrocarburi possono garantire il territorio da eventuali disastri come è successo per la BP nel golfo del Messico?

E se invece sono società collegate a qualcuno dei grandi colossi petroliferi perché questi non intervengono direttamente? Forse ci troviamo di fronte a qualche operazione meramente speculativa? Assodata la finitezza delle risorse petrolifere e il moltiplicarsi nel mondo evoluto di ricerca e sviluppo di nuove, rinnovabili e alternative fonti di energia, che senso ha rischiare di distruggere un territorio e le sue comunità?
Perché accanirsi a ricercare qualcosa che, come universalmente riconosciuto, arricchisce pochi “intimi” e arreca gravi danni all’ambiente e di cui domani dovremo comunque fare a meno? Le restanti domande o dubbi sull’intera faccenda restano vacui, perché è stato ampiamente descritto da autorevoli docenti universitari la pericolosità per le falde acquifere, ancor più in un bacino di estrema importanza come il nostro ed in un’area altamente sismica, quindi paventando il rischio di una tragedia, nel caso si vogliano intraprendere trivellazioni per estrazioni petrolifere».

In conclusione, il Comitato di Tutela del Fiume Calore si augura «che le dichiarazioni d’intenti che saranno inevitabilmente fatte al prossimo incontro di Taurasi si traducano in azioni normative forti a sostegno e tutela del territorio, con l’approvazione di leggi e regolamenti più restrittivi nei confronti delle ricerche di idrocarburi nel sottosuolo del territorio Campano e che i permessi in questione vengano definitivamente negati. Non cerchiamo l’oro altrove ma amiamo quello che già abbiamo».

Corriere dell’Irpinia

Lascia un commento