C’era un tempo in cui le mazzette facevano notizia, perché erano considerate l’eccezione: il numero dei derubati superava ancora quello dei ladri. Ora invece c’è stato il sorpasso: la notizia è che a Roma e dintorni c’è anche qualcuno che non ruba. I ladri non ci provano nemmeno, a corromperlo: sanno che con lui non c’è speranza. Si chiama Fabio Fucci, 35 anni, da due sindaco di Pomezia per i 5Stelle, il tanto ridicolizzato non-partito col non-statuto che fa politica con i non-soldi. Ma come, un partito che vince le elezioni senza bisogno di denaro, a parte qualche manciata di euro raccolti fra i simpatizzanti? Salvatore Buzzi, pregiudicato per omicidio ed ex ergastolano (un ossimoro in tutto il mondo, fuorché in Italia), dunque capo della coop rossa 29 Giugno, dunque socio del nero Carminati, dunque padrone del Comune di Roma e di mezza Regione Lazio, dunque finanziatore del Pd e non solo, è giustamente indignato: “Su Pomezia non abbiamo alcuna protezione, il sindaco è incorruttibile”. Non ha neppure provato a indurlo in tentazione: metti che quello ti denunci, magari ti registri pure e ti metta in rete. Troppo rischioso. La sua fama di “incorruttibile” – vocabolo ormai sconosciuto nel lessico politico – lo precedeva. Perché Fabio Fucci è incorruttibile?
1) Perché è una brava persona, ma questa non è una sua esclusiva: per strano che possa sembrare, ci sono ancora brave persone annidate in quasi tutti i partiti.
2) Perché il M5S non conosce sedi, apparati, funzionari, segretarie, dipendenti, galoppini, manifesti, finanziamenti pubblici, rimborsi statali forfettari, cene elettorali e nemmeno – così pare – tangenti, insomma non ha bisogno di soldi, dunque non ne riceve, non ne chiede e nessuno gliene può offrire: e questa sì, è un esclusiva. La questione è tutta qui, come dimostra un’altra intercettazione di Mafia Capitale: nel settembre scorso il tesoriere del Pd romano, Carlo Cotticelli, probabilmente brava persona, ha un problema: non sa come pagare gli stipendi dell’elefantiaca macchina organizzativa del partito. E a chi si rivolge? A chi i soldi li ha, anche se sono soldi nostri, frutto di appalti pilotati dalla notte dei tempi grazie alle giunte di sinistra e di destra(chi si ricorda più la differenza): il solito Buzzi. Il quale ha tutto l’interessea tenere in piedi il Pd, visto quel che gli ha fruttato e gli frutta. Così mette mano al portafogli. Non il suo, ci mancherebbe: quello della coop. Del resto, la coop sei tu. “Cotticelli – annota il Ros – spiegava che erano in estrema difficoltà in quanto non erano riusciti a pagare gli stipendi di agosto e non sapevano cosa fare, quindi chiedeva a Buzzi se poteva aiutarli.
Buzzi dava il suo assenso dicendo che avrebbe fatto un assegno, poi… disponeva la compilazione di un assegno da 7mila euro, tratto da un conto della ‘29 Giugno’ e intestato a ‘Pd di Roma’”. E non era mica la prima volta: gli investigatori scrivono che Buzzi “fa riferimento alla consuetudine sistematica del ‘primo di ogni mese’ di pagare stipendi a pubblici ufficiali”. Chissà se questa bella scoperta ha scosso il segretario Renzi e il presidente Orfini, quello che ancora l’altro giorno, dopo la seconda serie Mafia Capitale, accusava “i principali esponenti del M5S” di essere “gli idoli dei clan di Ostia”. Buona questa. La migliore però è della vicesegretaria e governatrice friulana Debora Serracchiani che, in pellegrinaggio al Comune di Roma per la quotidiana macumba contro il doveroso e sacrosanto scioglimento per mafia, s’è spinta a dire che “il Pd ha agito prima della magistratura: posso citare Ostia e il caso del nostro capogruppo. Nessuno è rimasto al suo posto”. Purtroppo l’hanno male informata. Il capogruppo comunale Pd Francesco D’Ausilio si era dimesso per aver commissionato un sondaggio contro il suo sindaco Marino, non perché era uomo di Buzzi. Quanto a Ostia, il progetto era far dimettere il minisindaco Pd Andrea Tassone e poi costruirgli intorno nientemeno che una “giunta della legalità”con Livia Turco e altri big nazionali. Poi l’hanno arrestato. Anche lì la rottamazione l’han fatta i carabinieri. E continueranno a farla all’infinito, di retata in retata, almeno finché i partiti avranno questa fame atavica di soldi.
A proposito: da 215 giorni, pari a 7 mesi e rotti, Renzi & C. tengono segreto l’importo versato dalla coop di Buzzi alla cena di finanziamento del 7 novembre scorso e naturalmente si guardano bene dal restituirlo. Non solo, ma – come spiegava Carlo Tecce domenica sul Fatto – stanno per moltiplicarlo con i contributi pubblici previsti dalla legge 96/2012 voluta da destra, centro e sinistra. Una norma strepitosa che regala ai partiti 50 centesimi dello Stato per ogni euro versato da privati (eccetto ai 5Stelle che questi contributi li rifiutano). “Non ci facciamo sovvenzionare di nascosto, noi diciamo chi ci finanzia”, disse Renzi quando gli chiedemmo notizie. E ancora: “Trovo naturale che si organizzino cene in maniera trasparente con persone che accettano di dichiarare il proprio contributo. Delle due l’una, amici: o si accetta il finanziamento pubblico, o si organizzano iniziative trasparenti e chiare di raccolta fondi”. Sì, buonanotte. A oggi, non si sa neppure chi c’era, alle cene di Milano del 6 novembre e di Roma il 7 novembre. Si sa però che c’era un bel tavolo riservato alla coop di Buzzi, ma non quanto versò. L’iniziativa era così chiara e trasparente che il tesoriere renziano Francesco Bonifazi continua a trincerarsi dietro la “privacy”. Intanto i partiti, in aggiunta ai fondi privati e occulti, si apprestano a incamerare 46 milioni di finanziamenti pubblici. La scusa è nota: senza aiuti statali, diretti (come prima e tuttoggi) o indiretti (come fra un anno, con l’entrata in vigore della riforma Letta), “solo i ricchi possono fare politica”. Perché, finora chi l’ha fatta?
Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano 10.06.2015