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Il Grande Trasformista e le sue trote

minoranzeTra gli aspetti più interessanti dell’elezione di Mattarella ci sono, ovviamente, le sue conseguenze politiche nelle strane dinamiche di alleanze e bisticci dei partiti italiani. E a queste forse la pena di dare un’occhiata adesso, visto che il nuovo Presidente non si insedierà fino a martedì e mi vorrei sottrarre da tre giorni di retorica (a proposito: non fateci diventare subito odioso il nuovo Capo dello stato con paginate e ore di tg sulla sua “mitezza”, vi prego; e ricordatevi che non abbiamo eletto un principe rinascimentale né un dittatore sudamericano, quindi da martedì cerchiamo di esercitare la coscienza critica anziché consumare le ginocchia, grazie).

Gli effetti politici, si diceva. I più stringenti riguardano Berlusconi e la cosiddetta minoranza Pd.


Fino a ieri, Berlusconi stava tranquillamente con un piede in due scarpe: cioè con berlusconi-verdini-640Renzi nel Patto del Nazareno, ma anche tenendo stretti i rapporti con Salvini definito «il nostro centravanti».

L’equivoco era evidente: da una parte l’uomo del no-euro, all’opposizione; dall’altra il governo e la maggioranza, a cui Forza Italia si era avvicinata votando l’Italicum (e non solo). Il tutto finalizzato a ottenere i maggiori vantaggi possibili e dall’una e dall’altra cosa: dall’unità del centrodestra e dal patto del Nazareno.

Non è che questo giochetto ambiguo oggi sia necessariamente finito – anzi. Tuttavia ha mostrato palesemente la corda. Anche perché porterà qualche risultato personale a Berlusconi e forse alle sue aziende, ma non comporta alcun vantaggio né di potere né d’immagine per il suo partito, Forza Italia: dove infatti i mugugni crescono ogni giorno. E domani saranno più di ieri. Anche oggi, del resto, si è visto che 40 Grandi elettori di Forza Italia su 140 hanno disatteso l’ordine di votare scheda bianca: qualcuno è già finito nell’orbita centripeta del premier, altri ne sono invece furiosi. Auguri, anzi no.

La seconda area che di fronte a questo risultato potrebbe utilmente farsi qualche domanda è la cosiddetta minoranza Pd.

In astratto, ha vinto: perché ha ottenuto l’ascolto e la mediazione di Renzi, e al Quirinale è andato un non Nazareno. Ma è una vittoria che dimostra solo l’abilità di Renzi nel servirsi di maggioranze variabili: ieri con Berlusconi e Verdini (sull’Italicum), oggi con Fassina e Civati (sul Quirinale). Domani, se gli serve, di nuovo con Berlusconi e Verdini, poi magari di nuovo con Fassina e Civati.

Agostino Depretis, a questo, gli spicciava casa.

bindiLeggevo questa mattina su “Repubblica” un’entusiasta e commossa Rosy Bindi che si augurava l’applicazione del metodo Mattarella «anche a tutte le altre future decisioni del partito e del governo». Mi veniva da dirle: sì, ciao, allora non hai capito niente del tuo segretario. Oggi gli sei servita, domani ti riasfalta: e tu abbocchi come una trota.

Ecco: oggi i cosiddetti dissidenti piddini sembrano essersi dimenticati un anno di governo di destra – che fa «le nostre stesse politiche economiche», secondo Berlusconi. Sono convinti di aver riportato Renzi all’ovile. Pensano di aver vinto – e in termini di risultato per il Quirinale ci sta, intendiamoci: ma da domani rischiano di essere quelli messi peggio.

di Alessandro Gilioli
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