Spiega come funziona il direttorio a 5 Stelle, respinge le accuse di complottismo e replica al premier che ha attaccato il Movimento: «Cerca un nemico, come sempre». La concorrenza della Lega? «Non la temiamo. Noi siamo credibili». E su Prodi al Quirinale conferma: «Se ne può discutere».
Carlo Sibilia è, dei cinque deputati del direttorio del Movimento 5 Stelle, quello che ha sostenuto lo scontro con Matteo Renzi, intervenuto alle Camere per riferire sul prossimo consiglio europeo: «Renzi ci attacca» dice all’Espresso, «perché deve nascondere il fatto che il semestre europeo è finito e lui non ha ottenuto nulla.Il piano Juncker è un insuccesso, l’ennesimo regalo alle multinazionali».

«Arriva il fatto che lui viene in parlamento solo quando deve nascondere un problema, perché abbiamo visto la considerazione che ha dell’aula, con tutti i voti di fiducia che mette. Altre volte è venuto per nascondere i problemi interni al Pd, questa volta per nascondere il fatto che questi sei mesi di semestre europeo non ha combinato nulla: altrimenti perché avrebbe parlato per quindici minuti del Movimento 5 Stelle?».
«Non mi pare ci sia molto da rivendicare. Non parlerei di un successo: dei 315 miliardi annunciati ce ne saranno solo 16 dalla banca d’investimento e 5 di fondi europei. Ancora una volta si scommette sul ruolo dei privati, ancora una volta lo Stato e le istituzioni passano la palla alle multinazionali, lasciano decidere a loro dove e su cosa investire. È lo stesso schema che Renzi sta applicando in Italia con lo Sblocca Italia del ministro Lupi: anche lì si punta sulle opere private, non capendo che le multinazionali pensano ai loro interessi, non a quelli dei cittadini, e che certo non mettono in dubbio il mito della crescita infinita, cosa che invece dovremmo fare».
Il suo collega Tommaso Currò ha però fatto un intervento in cui dice che il governo Renzi ha effettivamente chiesto un cambio di passo all’Europa, pur avendo tradito alcune attese. Currò ha lasciato il vostro gruppo dicendo che sbagliate a cavalcare i temi della destra, con l’alleanza con Farage e il referendum contro l’Euro.
«Currò è un bene che se ne sia andato, guardi. Se non è d’accordo con la nostra linea, ha fatto benissimo, perché da noi non può funzionare il tira e molla che c’è nel Pd dove, ad esempio, Fassina dice “siamo il partito della troika” e poi però resta lì, tranquillo. Ora vorrei solo capire se Currò andrà nel gruppo misto o direttamente nel Pd».
«Io al suo posto mi dimetterei».
«Posso dirle che non mi sembra una domanda degna dell’Espresso?».
«Certo, ma l’accusa di complottismo non mi pare sia un tema degno di discussione: se Currò ha difficoltà a confrontarsi sulle opinioni legittime, ancora una volta ha fatto, non bene, ma meglio a andare via».
«Guardi io suggerirei a Renzi di guardare in casa propria. Perché noi a differenza del Pd non inganniamo gli elettori. Noi abbiamo alcune posizioni e rispondiamo alle consultazioni della rete: se qualcuno non le condivide deve andare via. A questo servono le espulsioni. Con il Pd, invece, non sai mai bene chi stai votando: a seconda se sentono la campana della maggioranza o della minoranza per alcuni elettori il Pd è contrario all’Euro e per altri è favorevole, per alcuni è contrario al jobsact per altri è favorevole…».
«Facesse come preferisce. Noi siamo chiari con i nostri elettori. A Renzi dico solo di ascoltare di più il parlamento. Anche a cominciare dall’elezioni del presidente della Repubblica che è degli italiani e non suo».
Voi come vi muoverete? Farete le quirinarie come l’altra volta e sottoporrete i nomi al Pd?
«Ci sono diverse possibilità. Ci sono le quirinarie, sì, anche se in questi mesi abbiamo visto che il metodo che abbiamo usato per la corte costituzionale ha dato i suoi frutti».
Quindi inizierete una trattativa parlamentare e solo poi sottoporrete l’esito alla rete?
«I cittadini verranno consultati, questo è certo. Allo stesso modo è certo che se tu mi proponi dei nomi che non rispondo ai nostri criteri discriminanti non c’è molto da fare. Se tu mi proponi Amato, per capirci, non siamo sulla lunghezza d’onda. Se mi proponi Violante lo stesso».
E se vi propongono Prodi?
«Se mi proponi Prodi valutiamo, è un nome su cui si dovrà esprimere la rete. Il punto centrale, per noi, è non ripetere l’esperienza di Napolitano, perché il presidente della Repubblica non deve garantire solo Renzi e il suo accordo con Berlusconi».
Un sondaggio di Demopolis, pubblicato dall’Espresso, dice che la Lega, favorita dal fatto che i due Matteo, Renzi e Salvini, si sono scelti come nemici, ha superato Forza Italia e che si avvicina sempre più al Movimento, in costante calo. Visto che alcuni temi, come la critica alla monete unica, li avete in comune, possiamo parlare di fiato sul collo?
«Alcune tematiche si sovrappongono è vero, però c’è una grande differenza tra noi e la Lega: la credibilità. Noi non abbiamo scheletri nell’armadio e non siamo stati più volte al governo, come invece è capitato al partito di Salvini, che ogni volta ha sprecato l’occasione, facendo solo leggi strumentali, come la Bossi Fini che non mi pare una prova di buon governo. Anche sull’Euro, noi abbiamo proposto un metodo, un referendum, e loro invece chiacchierano e basta. Questa è la forza che ci fa stare tranquilli».
Come vi siete organizzati voi cinque del direttorio? Come vi dobbiamo chiamare? Come lavorate? Ogni quanto sentite Grillo e Casaleggio?
«Non ci siamo dati un nome, non ci sembra importante, perché noi facciamo quello che facevamo prima. Il legame con Grillo e Casaleggio è forte e stretto, costante. Condividiamo le cose da fare, e poi ci dividiamo i temi cercando di far fronte a tutte le problematiche che porta con se un movimento che si è trovato di colpo al 25 per cento. Per ora non abbiamo un metodo preciso, ogni problema ha una sua diversa soluzione».
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