di Jacques Sapir
La possibilità di un’uscita dell’Italia dall’euro, uscita che potrebbe verificarsi alla fine della primavera 2015, viene citata sempre più spesso dalla stampa internazionale, italiana naturalmente, ma anche tedesca, americana e britannica. Il silenzio della stampa francese ne risulta ancora più assordante… Dobbiamo quindi capire il motivo per cui il processo di distruzione della moneta unica potrebbe iniziare proprio con l’Italia, e quali sarebbero le conseguenze per la Francia.
Una situazione divenuta insostenibile.
E’ ormai chiaro che la situazione dell’Italia nel contesto della moneta unica è diventata insostenibile. Dalla crisi del 2008 l’Italia è sprofondata in una situazione di stagnazione del PIL che sembra anche peggiore di quella della Spagna.
La situazione è particolarmente critica se si guarda ai guadagni di produttività dell’Italia rispetto ai suoi concorrenti dell’eurozona a partire dal 1999. Si può constatare che l’Italia è in svantaggio, e non solo rispetto alla Germania e alla Francia, ma anche nei confronti della Spagna. In questo paese, tuttavia, la chiusura di molte aziende ha portato alla scomparsa di quelle meno produttive e, qui, il guadagno di produttività può direttamente essere attribuito all’effetto della contrazione della produzione.
In realtà dei colloqui con i consiglieri economici del governo Renzi mostrano che questi ultimi sono ormai molto pessimisti sul futuro economico del paese. Essi credono che, a meno di una svolta importante nella politica economica tedesca quest’inverno, l’Italia non avrà altra scelta che lasciare l’Euro nell’estate 2015. Si noti che un partito, il Movimente 5 Stelle di Beppe Grillo, chiede un referendum sull’euro, e che questa idea sta guadagnando terreno negli ambienti politici italiani.
Una grande parte del commercio estero dell’Italia (il 55% degli scambi di merci, e quasi il 64% nel settore dei servizi) è con i paesi della zona euro. E’ quindi comprensibile che il declino, molto relativo, dell’Euro nei confronti del dollaro, la avvantaggi ben poco. L’economia italiana soffre di un problema di competitivitàall’interno della zona euro.
Le conseguenze per la Francia
Se l’Italia dovesse quindi prendere questa decisione, le conseguenze per l’economia francese sarebbero importanti. In ragione di una specializzazione dell’economia paragonabile a quella italiana, non è possibile per la Francia rimanere nella zona euro se l’Italia ne esce (e viceversa). Ma questa realtà economica rischia di scontrarsi con la caparbietà di un governo paralizzato dalla paura che la sua strategia politica possa a quel punto crollare. Dobbiamo ripetere qui che non ci sarebbe niente di peggio per la Francia che restare in una zona euro che dovesse ridursi a una zona del marco, nel caso che uno dei principali paesi, e l’Italia è la terza più grande economia dell’eurozona, dovesse uscirne. L’impatto negativo sulla competitività sarebbe certamente disastroso per l’industria francese.
Quindi, occorre pensare a uno scenario di questo tipo e chiedersi se questa non sarebbe, in effetti, un’importante opportunità per l’economia francese. Se la Francia e l’Italia escono insieme dalla zona euro, questo comporterà un’uscita a breve termine di Spagna, Portogallo, Grecia e Belgio. In effetti, si capisce subito che la Spagna, indebolita da profonde tensioni politiche, non potrebbe rimanere nell’euro se Italia e Francia ne uscissero. Ora, l’uscita della Spagna implica quella del Portogallo, e dopo questi quattro paesi la permanenza della Grecia nell’euro non è più giustificata. Dati i suoi legami con l’economia francese, è molto probabile che il Belgio seguirebbe dopo un paio di settimane di esitazione. Un’uscita dell’Italia provocherebbe il crollo della zona euro, e la Germania, molto probabilmente, riprenderebbe la sua moneta. Ma questo scenario, lungi dall’essere un disastro, aprirebbe immediatamente delle nuove opportunità e, in particolare, la possibilità – una volta stabilizzati i tassi di cambio di questi paesi – di ricostruire un’unione commerciale. Questa non dovrebbe essere basata su una moneta unica (un “Euro-Sud”), cosa che, come abbiamo già avuto occasione di dire, porterebbe a un forte impoverimento di Italia e Spagna, ma dovrebbe piuttosto fondarsi su delle regole di co-variazione dei tassi di cambio, assumendo che le rispettive parità dei paesi dell’unione potrebbe essere rivista in modo regolare (ogni anno) per riflettere le diverse dinamiche della produttività.
E’ pertanto necessario monitorare da vicino l’evoluzione del dibattito in Italia nei prossimi mesi, e soprattutto come la stampa francese, sulla quale purtroppo non ci facciamo più illusioni, ne renderà conto.
*Traduzione di Carmenthesister