Accessori indispensabili per una serata sul divano: telecomando, cuscino anticervicale e dosi massicce di Maalox. Ogni volta che accendono la tv, quelli del back office, aumentano di un punto il loro rischio di bruciori di stomaco. Sono le truppe nelle retrovie del Renzi I, i parlamentari del Pd lasciati in panchina, costretti al quotidiano confronto con il front office del Nazareno. E Matteo volle che quel ruolo – di certo complesso, ma di garantita carriera – fosse riservato quasi in esclusiva alla pattuglia femminile della sua squadra. Lungi da noi, quindi, mettersi a costruire categorie di genere sulla efficacia comunicativa del renzismo: è che – tolti i Gozi, i Nardella, i Carbone e la new entry Andrea Orlando – è di donne che ci tocca discutere quando parliamo delle relazioni pubbliche del Pd. Otto ne ha messe al governo e una è diventata Lady Pesc. Ma mai, quando Federica Mogherini saliva a capo della politica estera europea, avremmo immaginato di ritrovarci con Lady Like. Copyright di Alessandra Moretti, europarlamentare (ieri vivisezionata da Libero insieme alle colleghe di cui parleremo più avanti: zero interrogazioni, zero mozioni, zero report, si piazza 670esima su 749 quanto a produttività) ora in corsa alle primarie per il candidato governatore del Veneto: “Si dice che sono quella che può mettere più in difficoltà Zaia”, confessa. Ma si fosse limitata a non peccare di modestia, sarebbe il meno. No, la Moretti, al Cor riere.it ha snocciolato il nuovo impegno per la cittadinanza tutta: “Ho deciso di andare dall’estetista ogni settimana”. È lo stile “Lady Like” e se non vi piace peggio per voi. “Sappiano che non ci intimidiscono”, tuona la Moretti a chi dovesse osare criticare la tinta ogni sette giorni. Ieri ha chiesto a Twitter di “verificare” il suo account: guai a scambiarla per un fake, vuole che si sappia che è tutta farina del suo sacco. Poi, chiude ogni messaggio con #Alè: è il diminutivo del suo nome, ma sa tanto di overdose da Floris. E proprio lì, martedì sera, Pina Picierno (all’europarlamento lei è 394esima, a metà classifica) ha subìto “la prova della piazza”, come profeticamente recitava il titolo della trasmissione. Già temprata dai cori di scherno quando sostenne che con 80 euro ci si fa la spesa per due settimane, non paga di aver accusato la Camusso di essere leader di un sindacato che si regge su tessere false e pullman pagati, l’altra sera ha tentato di parare i colpi di Fuksas e Costamagna ripetendo ossessivamente la parola “cambiamento”. Stile di squadra. Ecco la replica di Simona Bonafè (due interrogazioni e quattro discorsi, 414esima a Strasburgo) al dibattito aperto dal collega M5S Piernicola Pedicini su idrocarburi, estrazioni petrolifere e altre questioni ambientali: “Mi sembrano questioni talmente tecniche che in questa sede che è più politica forse varrebbe la pena concentrarci su altre tematiche e soprattutto evidenziare lo sforzo tutti insieme, perché di questo si tratta, veramente per portare dei cambiamenti fin da ora alle politiche di cambiamento climatico”. O le domande sono troppo tecniche o non sono abbastanza “di rinnovamento”. Così spiegò il ministro Marianna Madia ai giornalisti che volevano sapere se per lei la Pubblica amministrazione “si può chiamare un fardello”.In attesa della risposta,perfino la Cisl ha deciso di scioperare. Ciò che non poté il Jobs Act, poté la Madia. Lei sì che è “di rinnovamento”.
di Paola Zanca
Il Fatto Quotidiano 20.11.2014