Presentato dalla stampa filorenziana (quasi tutta) come un redde rationem con Luigi Di Maio, la calata di Beppe Grillo aveva ben altri obiettivi. Tra l’ex comico genovese e il “numero 3” non c’è mai stato scontro. “Persona straordinaria”, lo ha definito anche ieri Grillo. I dubbi riguardavano altri aspetti: come sta Grillo? È stanco? Ha intenzione di mollare? Chi lo ha visto e ascoltato, nelle due ore e mezzo di confronto, lo ha trovato carico e sereno. Meno battutista del solito, anche se qualche risata c’è stata.
LA BOTTA delle Europee l’ha sentita più di altri, perché nell’exploit ci credeva davvero. Non ha gradito le critiche piovute anche da persone che reputava “vicine”, per esempio sull’accordo con Fa-rage. Uomo adatto allo sfondamento e non alla tattica, soffre il momento di stagnazione politica che può casomai esaltare Casaleggio. Se Grillo potesse rispondere solo per se stesso, sfanculerebbe Renzi come ha sempre fatto, in streaming e sul blog. È certo, come gran parte del Movimento, che Renzi non accetterà neanche mezza loro proposta. Si è però convinto che, anche solo per dimostrare all’esterno che M5S non è solo “distruttivo”, il tavolo non va fatto saltare. Non ancora. Pochi punti, però chiari: Senato elettivo, preferenze, riduzione dei parlamentari, niente immunità e difesa dei referendum e delle leggi di iniziativa popolare. Grillo è uscito ferito dalla consultazione di maggio e si intuisce come nel blog si morda ogni giorno le mani, autocostringendosi a tramutare un “fanculo” in un “siamo disponibili”. Per lui è un triplo carpiato mortale. Paradossalmente, però, la veemenza autoritaria di Renzi può galvanizzarlo: più si alza lo scontro e più lui si sente utile. Oltretutto l’opposizione vera è ormai esclusiva dei 5 Stelle: uno spazio minoritario ma non marginale. Circondato dai cronisti, Grillo ha parlato ieri di “guerriglia democratica”. Niente dimissioni di massa, niente gesti eclatanti. E niente ritiri: Grillo, ieri, non si è dimesso da se stesso, anche se non si trasferirà a Roma come Casa-leggio. Ha solo ribadito ai parlamentari che devono crescere e in fretta, perché il percorso naturale è quello della staffetta, magari dopo le elezioni politiche. In questo senso Di Maio, e non solo lui, è figura chiave. Grillo ha insistito su concetti motivazionali, come la “vitalità” e il “recupero della realtà per sfuggire all’allucinazione”, laddove – ovviamente – l’allucinazione è per lui il Palazzo. Il potere. La casta.
SECONDO GRILLO, e anche qui c’è una totale affinità con Casaleggio, il Movimento si è col tempo parzialmente omologato agli “altri”. Agorà e incontri con i cittadini sono continuati, ma l’idea di frequentare (quasi) tutti i talkshow si è rivelata (secondo loro) sbagliata. Quindi, da settembre, sì alla tivù ma con parsimonia e sempre in collegamento o faccia a faccia. Mai all’interno del presunto pollaio: “È la tivù che deve inseguire noi e non viceversa”. Proprio come nei primi anni del Movimento.
L’imperativo è parlare ai cittadini: incontrarli, frequentarli. Da qui l’idea di una grande manifestazione in piazza in difesa della Costituzione. Il dato più significativo di ieri è però forse un altro: Grillo ha insistito sull’assenza di coraggio di molti artisti italiani. Un tema che gli stava a cuore anche quando riempiva i Palazzetti e sbertucciava pure i satirici più guerreggianti come Luttazzi (figuriamoci gli altri). L’esempio di Benigni, a cui nei giorni scorsi il blog ha dedicato un post, è emblematico : “Dove sono quelli che ieri difendevano la Costituzione da Berlusconi e oggi non aprono bocca perché a distruggerla è uno del Pd?”. Il senso è questo. Da qui il desiderio – inedito? – di essere inclusivi. Di dimostrare agli altri che M5S non è quello che “quasi tutti i media” raccontano. Mesi fa i 5 Stelle invitarono Fiorella Mannoia in Parlamento, per dimostrarle che alcune sue critiche erano infondate: una delle strade indicate da Grillo è proprio questa. Coinvolgere filosofi e intellettuali, artisti e giornalisti, persone che hanno un seguito, in eventi su temi comuni. Per esempio la salvaguardia della Costituzione. L’approccio, peraltro, che caratterizzò i primi due V-Day: una sorta di ritorno alle origini. Grillo sa di essere, al momento, lo sconfitto. Ma ieri non è parso a fine corsa. E lo stress evidente di Renzi, intuibile dalla levitazione abnorme del girovita come pure dagli scazzi col fedelissimo Lotti, sono per lui benzina.
di Andrea Scanzi
Il Fatto Quotidiano 29.o7.2014