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Un paesologo ambientalista e pro-petrolio?

Franco Arminio1Se anche Arminio si riscopre fautore delle trivellazioni…

Sulla questione delle estrazioni petrolifere in Italia e in particolare nel Mezzogiorno ognuno si fa la propria opinione ed è bene che sia così. Ma ci stiamo chiedendo: come mai i fautori delle trivellazioni stanno venendo fuori tutti adesso? Ma, soprattutto, come fanno a professarsi pure ambientalisti?
Dopo i duri attacchi ai comitati No Petrolio da parte di un blogger, improvvisato economista, e del portavoce di “Cantieri Irpinia” dell’ex sindaco di Avellino Giuseppe Galasso, fautori di un “sì” al petrolio più per partito preso che per cognizione di causa, per loro stessa ammissione, c’è stata ultimamente l’esternazione di Franco Arminio che, sul “Quotidiano della Basilicata”, intervistato da Antonello Grassi si professa nello stesso tempo ambientalista e fautore delle estrazioni petrolifere in Lucania perché in queste vede più una opportunità economica che un rischio per l’ambiente o una causa di deturpazione paesaggistica. La cosa in apparenza non dovrebbe scandalizzare, visto che ognuno può esprimere la propria opinione in merito alla questione, ma lascia perplessi proprio il fatto che Arminio si professa “ambientalista al di sopra di ogni sospetto”! A questo punto noi, contrari alle estrazioni nel sottosuolo italiano e in particolare in Irpinia, ci sentiamo in dovere di replicare per i motivi che abbiamo ripetutamente esposto, cioè per l’inquinamento dell’ambiente e delle falde acquifere cui il territorio verrebbe Val d'Agrisottoposto, con tutti i risvolti negativi sull’economia locale a vocazione agro-alimentare, inoltre per la deturpazione cui il paesaggio è sottoposto da fiorire di pozzi e centri per la raffinazione e, non ultimo, per il rischio sismogenetico. Noi non stiamo qui a giudicare o a processare chi ha opinioni diverse dalla nostra, ma desideriamo fare delle osservazioni critiche a Franco Arminio che si professa ambientalista, per di più paesologo, che nello stesso tempo si dichiara fautore del petrolio estratto nelle nostre tristi contrade e del progresso che inquina, che distrugge e che rischia di trasformare i paesi, da lui genialmente descritti, in pietre nel deserto. Perciò vogliamo ancora una volta, se egli non si è ancora aggiornato, riproporre le nostre ragioni che sono il frutto di lunghe riflessioni, di studi scientifici documentati e di incontri istituzionali, non certo di supposizioni ideologiche e improvvisate. Sono più di venti anni che si estrae petrolio in Basilicata, come in Abruzzo e nei nostri mari, e ormai è risaputo che nella nostra vicina cenerentola d’Italia si è formata un’opinione pubblica e soprattutto una esperienza scientifica del tutto contrarie alle estrazioni nel nostro sottosuolo. L’opinione pubblica si basa su di una realtà che è in contrasto ormai col buon vivere: chi dice di essere andato spesso in Lucania o meglio si ritiene lucano di adozione è stato in Val D’Agri? Ha chiesto in giro, a Villa d’Agri o a Viggiano, come si vive da qualche anno a venire in quella terra, dove ci sono pozzi petroliferi e quel mostro del Centro Oli che sputano fuoco e zolfo e ne appestano l’aria? Ha chiesto come si convive con la terra che trema, quando le trivelle scavano il cuore della terra che vibra come un terremoto perenne? Ha chiesto ancora ai contadini del luogo o ai pastori che cosa ne è stato dei prodotti del luogo, prima molto richiesti sui mercati, oppure degli animali domestici, delle greggi e degli armenti che si ammalano mentre nessuno vuole più comprare il latte e i prodotti caseari? Un paesologo dovrebbe informarsi anche su queste cose, oltre che sulle abitudini, sulle tradizioni, sui dialetti e sul modo di vivere di un paese: se non sa cogliere il presente e la realtà socio-economica di un paese e di un territorio come potrà indicarne il futuro, se mai è il suo compito farlo? Ci chiediamo, come potrà un borgo, un paese che sia del Sud o del  Centro oppure del Nord, mantenere le sue caratteristiche se uno o più pozzi estrattivi ne infestano l’aria, ne inquinano terreno e fonti acquifere, ne deturpano l’aspetto, se insomma ne cambiano l’anima? Franco Arminio si professa, oltretutto, ambientalista, anzi “il primo ambientalista” e “un cultore, non sospetto, del paesaggio”. Che significa questo? A questo punto siamo noi a sospettare che il nostro cultore finga o che non conosca abbastanza la Lucania se afferma che l’aspetto di questa terra non sia poi cambiato più di tanto a causa delle estrazioni di idrocarburi. Crede forse che il paesaggio sia solo il verde che adorna i fiumi o le colline della Lucania o non sa che quel verde dei boschi e delle campagne che circondano Diga Pertusillole acque del Pertusillo è un verde malato e che le stesse acque sono inquinate e vi muore la fauna per la presenza, oltre il limite consentito dalla legge quindi della tollerabilità di un organismo vivente, di idrocarburi, che sono cancerogeni , di bromo, cromo, mercurio, magnesio, alluminio, ferro e vanadio, che sono tossici soprattutto per bambini e gestanti? Che l’aria stessa della Val d’Agri è infestata dagli odori puzzolenti e dall’acido solfidrico che brucia in cima ai comignoli artificiali dei pozzi e nei polmoni delle persone? A nome di chi parla Arminio? Se parla per se stesso, si contraddice. Né può definirsi ambientalista e cultore del paesaggio solo perché non vuole le pale eoliche che invadono Bisaccia e “l’Irpinia Orientale”: almeno le pale non inquinano! Se questo è e deve essere il “Mezzogiorno in movimento”, come egli lo vede, noi diciamo che non lo vogliamo questo Sud. Anzi i mille focolai di crescita non li vediamo affatto e sospettiamo che siano frutto di retorica pre-elettorale. Soprattutto vediamo che il “Mediterraneo interno”, come lo vuole chiamare Arminio con le parole coreografiche che non cambiano la sostanza delle cose, stia morendo insieme al “Mediterraneo delle coste” perché manca ed è sempre mancata una politica del Mezzogiorno e per il Mezzogiorno; una seria politica di sviluppo che ne rispettasse e valorizzasse le risorse paesaggistiche e turistiche, oltre le pur grandi risorse che trovano nella tradizione e nelle vocazioni territoriali quell’anima che da noi, nel Sud preda delle cosche malavitose e della cattiva politica oltre che della corruzione, è sempre mancata.

di Alfonso Faia
Comitato No Petroli in Alta Irpinia
Ottopagine 17.03.2014

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