Più che un Senato sembrava una stalla, un albergo a ore con gente che andava, gente che veniva, dall’aspetto improbabile, dalla cravatta da 5 euro. La fiducia a Renzie è stato un grande spettacolo, una magnifica sceneggiata post moderna, post politica, post tutto. Oltre non c’è più nulla. Hanno ragione coloro che temono per il loro futuro e dicono che questo governo è l’ultima spiaggia, l’ultima fragile barriera prima del trapasso dei partiti. C’era un’atmosfera strana in quell’emiciclo, da trasloco, da fine dei tempi. Renzie sedeva annoiato come un giovin signore. Mentre oratori assassinavano il vocabolario italiano con i loro discorsi e lo chiamavano “Ella” o “Signor Presidente“, lui giocava con lo smartphone, inviava messaggi, leggeva Facebook, stracciava pezzi di carta con l’aria di chi considera l’interlocutore un insetto fastidioso. Nessuno che gli abbia chiesto di ascoltare, di alzare gli occhi bovini verso di lui mentre gli parlava. Di portare rispetto se non a lui, almeno all’aula. Una moderna recita di Eliogabalo o Caligola, mancava solo un letto romano sui cui Renzie potesse sdraiarsi mollemente e ricevere grappoli d’uva dalle giovani ministre. Renzie di tanto in tanto si esibiva nella parodia di Fantozzi con la bocca piena quando mangia di nascosto. Si copriva la bocca con entrambe le mani e la gente da casa pensava che stesse vomitando, un costume romano che dimostrava l’apprezzamento per il cibo. Invece parlava con Del Rio nascondendo le labbra ignorando chiunque.
Senatori riuniti in capannello per guardare un tablet. Qualcuno addormentato come un sasso. Spazi vuoti come a un comizio di Giovanardi. C’era uno che faceva gargarismi e un altro che aveva evidenti problemi con la dentiera. Una tristezza. Questo è il Senato della Repubblica. Senato? Repubblica? Cosa significano queste parole? L’aula “sorda e grigia” descritta da Mussolini al confronto era il carnevale di Viareggio. E’ il nuovo miracolo italiano. Uno come Renzie presidente del Consiglio è infatti un miracolo delle lobby.