Ecologia Informazione

Slow Food: “Coltiviamo l’Africa con 10 mila orti”

sloow food_africaProgetto internazionale dell’associazione: per avviarne uno bastano 900 euro.

Piantare un albero è un gesto di speranza, avviare un orto è coltivare il futuro. Se poi questo succede in Africa e se gli orti da uno sono diventati mille e entro il 2016 diventeranno 10 mila, un gesto che potrebbe sembrare velleitario si trasforma in motore di cambiamento e di riscatto per tante piccole comunità di quello sterminato continente. Perché in quegli orti lavorano contadini che poi si coordinano in reti, si formano giovani agronomi, lavorano cuochi di tanti Paesi. Piccoli progetti che concorrono a costruire un futuro sostenibile per una terra che continua a essere depredata in modi sempre più sofisticati. L’ultimo è il land grabbing, l’accaparramento delle terre svendute a multinazionali e fondi sovrani.

Ecco perché ieri a Milano Carlo Petrini ha presentato il progetto-sfida dei «10 mila orti entro il 2016» ammettendo di «coltivare un sogno che si chiama Africa». Per il fondatore di Slow Food un numero così alto di orti è infatti in grado di avviare un processo virtuoso dagli esiti ambiziosi e per questo è uno dei tre obiettivi strategici di tutta l’associazione per i prossimi due anni (gli altri sono la difesa della biodiversità e il rafforzamento della rete).  «Per noi realizzare un orto significa permettere alla comunità di lavorare la terra per sfamare scuole e famiglie del Paese», ha spiegato Carlo Petrini , «ma anche possedere i semi liberandosi da quelli selezionati dalle multinazionali, spesso costosi e non adatti ai luoghi in cui sono utilizzati». Il risultato più importante, però, sarà «la costruzione di una rete di giovani africani che possano finalmente riscattare il loro continente».

Utopia? No, se a presentare i progetto dei 10mila orti assieme a Petrini ci sono alcuni di quei giovani che hanno già preso in mano, nel piccolo, un pezzo della loro terra e della politica alimentare e agricola del loro Paese. Storie e provenienze diverse, in comune la giovane età e la consapevolezza di fare qualcosa di fecondo per sé e la propria terra. Edward Mukiibi, per esempio, è un giovane agronomo ugandese convinto che l’agricoltura africana debba puntare sui semi locali e sulla ricchissima biodiversità. Bineta Diallo, figlia di un pastore e di una contadina, da ragazzina vendeva cibo in strada mentre oggi gestisce un ristorante di successo a Dakar, dove «convince» i clienti senegalesi a riscoprire i loro cereali tradizionali: miglio, fonio e sorgo.

Per sostenere il progetto si può «adottare un orto». Quanto costa? Le donazioni sono libere, Slow Food nel sito (fondazioneslowfood.it) fornisce il «conto trasparente» delle spese singole della costruzione dell’orto, il cui ammontare totale è 900 euro.
di Sara Ricotta Voza

www.lastampa.it/

Lascia un commento