Ma quante mani e manine ha Matteo Renzi? Solo nell’ultimo anno e mezzo, se n’è già perso il conto. Roba che la Dea Kalì gli fa una pippa. C’è la mano che indica l’uscita a B. l’11 settembre 2013: “In qualunque paese, quando un leader politico è condannato con sentenza definitiva, la partita è finita: game over”. C’è la mano che quattro mesi dopo, 18 gennaio 2014, stringe quella di B. al Nazareno per siglare l’omonimo patto (“profonda sintonia”), poi riusata fino a consunzione per altre otto strette affettuose a Palazzo Chigi per il rodaggio, la messa a punto e il tagliando dell’inciucione. The game must go on. C’è la mano che firma l’Italicum e la controriforma costituzionale del Senato su misura di B. che vuole continuare a nominarsi i parlamentari in barba alla democrazia e alla Consulta. C’è la mano che a metà febbraio twitta #enricostaisereno e poi lo accoltella nella notte. C’è la mano che scrive il nome di Nicola Gratteri nella lista dei ministri, alla casella Giustizia. E c’è la mano che, la sera stessa, lo sbianchetta perché non piace a Napolitano e a B. C’è la mano che a metà giugno dà l’altolà alla legge anticorruzione, pronta per il voto alla Camera, perché B. non la vuole. C’è la mano che blocca qualunque velleità di punire i conflitti d’interessi, cioè la ragione sociale di B.. C’è la mano che a settembre sfila dalla riforma della giustizia il blocco della prescrizione, che per B. è come l’aglio per i vampiri. C’è la mano che firma prima la nomina di Franco Lo Voi, il candidato meno titolato ma il più gradito al Palazzo e al Colle per la Procura di Palermo, e poi l’anticipato possesso per prevenire i ricorsi dei rivali esclusi. C’è la mano che alla vigilia di Natale infila il SalvaSilvio nel decreto delegato fiscale con l’impunità a chi froda o evade fino al 3% dell’imponibile dichiarato, cancellando la condanna e l’ineleggibilità di B. (Renzi dice che l’arto è il suo, ma non chi l’ha aiutato a stendere tecnicamente la porcata). C’è la mano che ora si accinge a modificare il SalvaSilvio, ma non si sa come e comunque non subito: solo dopo il nuovo presidente, così tiene B. appeso per il Colle. C’è la mano che compila la black list per il Quirinale, espungendo tutti i nomi sgraditi a B., cioè i più popolari fuori dal Palazzo: Rodotà, Zagrebelsky, forse Prodi (“Se B. ha eletto Ciampi e rieletto Napolitano, perché non dovrei consultarlo anche per il nuovo presidente?”, ripete il furbastro, e mai nessuno che gli risponda: “Perché le altre volte B. non era un pregiudicato, e stavolta sì”; ma ci vorrebbe un intervistatore , non una Bignardi). E c’è la mano che, l’altroieri, emenda a nome del governo la riforma del falso in bilancio che doveva cancellare il colpo di spugna di B. e invece è copiata paro paro dal colpo di spugna di B. E anche stavolta non lascia impronte digitali né tracce di Dna, o perché il titolare ha usato i guanti, o perché ha ripulito la scena del delitto.
Ci vorrebbe il guanto di paraffina, magari il Ris di Parma col luminol, o meglio ancora Bruno Vespa col plastico di Palazzo Chigi, la criminologa bionda, l’avvocato Taormina, il Paolo Crepet e la Simonetta Matone prêt-à-porter. Di solito, al culmine del thrilling, mentre i ministri giocano allo scaricabarile e all’“io non c’ero o se c’ero dormivo” e i giornaloni fanno gli gnorri, scende dall’empireo il Matteus Ex Machina a dire che la mano è una sola, sempre la stessa: la sua, che però agisce a sua insaputa. Come il braccio del dottor Stranamore, che vive di vita propria e si alza e si tende nell’automatico saluto al Führer. C’è sempre un equivoco, un fraintendimento, un quiproquo, uno sbaglio, una svista, una buccia di banana, anzi di Banana, che giustifica tutto. Sono quei maledetti gufi che tendono una trappola dietro l’altra e lui, l’ingenuo vispo tereso, ci casca. Ecco. Guardacaso però, ogni errore va sempre a favorire B. e quelli come lui. Mai una volta che la manina si sbagli contro B. e contro quelli come lui. Tant’è che, negli ambienti più accreditati, si fa strada un’inquietante ipotesi alternativa. Che il povero Matteo, giovane com’è, abbia subìto di nascosto un trapianto di mano. E che il donatore sia il CaiMano.
Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano 16.01.2015