Personalmente sono tra quelli che cercano ogni giorno di liberarsi dai pregiudizi: ecco perché qui non avete mai letto una riga contro Renzi per il giubbotto in pelle, le copertine di Vanity o i pranzi con Briatore. Lo si giudichi dai fatti, insomma.
E i fatti sono che da quando è stato eletto segretario del Pd (maggior partito di sostegno al governo), il sindaco di Firenze sta praticando il gioco quotidiano di dire che il governo fa schifo, però non deve cadere. Letta e Alfano? ‘Io sono diverso da loro’. Il premier si logora? ‘È perché governa male’. Il vicepremier? ‘Parla delle famiglie ma per loro non fa niente’. Cancellieri? ‘Se ne doveva andare’. De Girolamo? ‘Dovrebbe fare come la Idem’. E così via, tutti i giorni che Dio manda in terra.
Lui questo lo chiama ‘incalzare’, mettere pressione perché l’esecutivo faccia qualcosa di buono (’adesso dettiamo noi l’agenda’).
In questo ‘qualcosa di buono’, come noto, Renzi ci mette prima di tutto la legge elettorale, il cosiddetto ‘jobs act’, le unioni civili e lo ius soli.
Ora, la domanda vera è quali di queste cose davvero Renzi porterà a casa, con questo governo e questa maggioranza. Perché certo, lui alla fine vince comunque: se le ottiene è merito suo, se non le ottiene è colpa del governo.
Ma noi no: noi non vinciamo comunque. Noi, se Renzi porta a casa niente di queste già poche cose (o ottiene solo la riforma elettorale, grazie peraltro ai calcioni della Consulta) abbiamo buttato via un altro anno, continuando a scalciare nelle sabbie mobili.
E, con permesso, scoccerebbe un po’.