Quello che pensiamo del reato di immigrazione clandestina lo scriviamo fin da quando fu introdotto da B. con la legge Maroni, subito firmata (come sempre) da Napolitano nel 2009. Quella norma non solo è contraria al diritto (nessuno può essere punito per il suo status, tipo trovarsi nel paese “sbagliato”). Ma è anche inutile (non riduce di una sola unità l’afflusso dei clandestini). E soprattutto dannosa (impegna le forze dell’ordine e le procure su decine di migliaia di fascicoli intestati a irreperibili senza identità né fissa dimora che alla fine – dopo enorme dispendio di risorse e di tempo – vengono quasi tutti assolti o prescritti; o, nel caso eccezionale di condanna, si vedono infliggere una multa che non pagheranno mai perché sono o risultano nullatenenti). Perciò fecero bene i parlamentari 5Stelle, in ottobre, a prendere in contropiede i tromboni dell’accoglienza parolaia, che non avevano mai mosso un dito per cancellare quell’obbrobrio, con la mozione votata anche da Pd, Sel e governo. E fecero male Grillo e Casaleggio a scomunicarli. O meglio: era giusto ricordare la regola interna (opinabile, ma nota da tempo) di discutere in Rete le proposte estranee al “programma”. Ma era assurdo descrivere la mozione come un “liberi tutti” che avrebbe portato il M5S a percentuali da prefisso telefonico: la clandestinità di chi viene in Italia per delinquere non si contrasta con norme demagogiche e inapplicabili. La stampa di regime colse subito l’occasione per riattaccare la black propaganda sui grillini razzisti, xenofobi e un tantino nazisti. L’altroieri, nell’imminenza del nuovo voto parlamentare, il blog di Grillo ha consultato gli 80 mila iscritti con un referendum a sorpresa (com’è giusto fare per evitare manipolazioni e hackeraggi). E riecco i dietrologi all’opera, inclusi i “dissidenti” in servizio permanente effettivo: è il solito blitz dei soliti dittatori Grillo e Casaleggio che non danno il preavviso perché vogliono subornare la Rete, altro che democrazia diretta, leviamogli la pistola e altre baggianate. Giornali e tg avevano già pronti i titoli: “Grillo e Casaleggio truccano il referendum per entrare in Alba Dorata”. Eppure il risultato era prevedibile. S’è discusso molto in questi mesi sul reato di clandestinità, sul blog di Grillo e i social network limitrofi. E i No schiacciavano i Sì. Infatti, su 25 mila votanti, quasi 16 mila han votato No e solo 9 mila Sì.
Ma anziché apprezzare il piccolo saggio di democrazia diretta – embrionale e imperfetto finché si vuole, ma reale – la stampa da riporto è passata al piano B, all’insegna del “come la fai la sbagli”. Citiamo l’Unità, che è sempre la più patetica e ridicola: “Grillo e Casaleggio sconfitti dalla Rete”, “Dimissioni, se Grillo fosse un vero segretario”, “La democrazia diretta di un bischero che smista proclami, condanne e veleno secondo come gli confezionano il gintonic”, “Solo 24 mila votanti”. Chi dovrebbe cercare di capire e di informare continua a trattare i 5Stelle come un branco di brubru, giunti in Parlamento con 9 milioni di voti per uno scherzo del destino: se condividono i leader, non va bene perché sono una mandria di pecoroni plagiati da due tiranni; se dissentono, non va bene lo stesso perché sfiduciano i tiranni (così autoritari che li hanno chiamati a votare liberamente, così come fecero per il candidato al Colle). E comunque sono sempre troppo pochi. In attesa di stabilire quanti dovrebbero essere esattamente, ricordiamo che, prima di aderire alla Grosse Koalition con la Cdu, l’Spd tedesca ha interpellato i suoi 475 mila iscritti che, via email, l’hanno approvata a grande maggioranza (76%). Domandina facile facile: se il Pd (il centrodestra è fuori concorso) avesse consultato i suoi tesserati prima di eleggere il presidente della Repubblica e di andare al governo con B., e li avesse ascoltati, chi siederebbe oggi al Quirinale e a Palazzo Chigi? Piccolo aiutino: il primo comincia con la P e finisce con la i, il secondo comincia con la R e finisce con la à. Ma a un partito che si chiama democratico di ascoltare la base non è proprio venuto in mente.
Il Fatto Quotidiano 15.01.2014