Ci risiamo. Arroccati a Parigi, i cosiddetti leader europei hanno premuto control-v. Per la Libia stesso trattamento riservato alla Turchia e cioè pioggia di denaro per fermare i migranti. Ma in che modo e a chi? E chi controllerà che la loro gestione sia efficiente e civile? Non basta stanziare più soldi, servono strategie chiare di una seria cooperazione allo sviluppo. Altrimenti, il rischio è quello di appoggiare, politicamente ed economicamente, leader e Capi di Stato a dir poco discutibili. Proprio come è stato fatto con la Turchia: un accordo che ha dato non solo miliardi, ma anche credibilità e libertà di azione a un dittatore come Erdogan, che non perde tempo a imprigionare e a limitare i più basilari diritti umani e democratici.
La storia non insegna nulla, insomma. L’intervento militare voluto da Sarkozy – con il beneplacito del governo Berlusconi-Lega che aveva concesso l’uso delle basi militari italiane – è stato il trampolino di lancio per l’instabilità politica nell’area che oggi l’Italia paga a caro prezzo.
L’accordo di Parigi sarà l’ennesimo fiasco perché non si interviene sulle cause profonde che spingono le persone a fuggire dalle loro terre. Macron vuole militarizzare delle aree e far pagare il conto del suo nuovo interventismo agli italiani, così come la Merkel ha fatto con la Turchia: l’accordo sui migranti siglato con Erdogan è stato finanziato con 224,9 milioni di euro prelevati dalle casse italiane. Senza contare che in meno di venti anni, da quando Erdogan è salito al potere, l’Europa (e cioè i contribuenti europei) ha già trasferito o promesso di stanziare alla Turchia ben 36,6 miliardi di euro. I risultati sono sotto gli occhi di tutto.
Se vogliamo sbarchi zero dobbiamo subito:
1) stracciare il Regolamento di Dublino
2) sanzioni pesanti verso i Paesi che si rifiutano di ricollocare i migranti arrivati in Italia
3) se una nave che batte bandiera tedesca salva dei migranti in mare, la gestione della domanda di asilo deve essere affidata a questo Paese.
4) la presenza della polizia nelle navi delle ONG presenti nel Mar Mediterraneo.
5) vie legali di accesso per contrastare la criminalità organizzata.
6) un investimento serio per rimuovere le cause dell’immigrazione e non soldi ai dittatorelli africani o alle multinazionali occidentali che sfruttano le risorse impoverendo ancora di più i cittadini.
7) embargo di armi verso quei Paesi che fomentano guerre civili. L’Italia è da anni saldamente nella top ten dei Paesi produttori di armi del mondo, che vengono vendute ai Paesi in guerra, soprattutto in Africa e nel Medio Oriente.
di Laura Ferrara, Efdd – MoVimento 5 Stelle Europa