Ecologia Salute

La bomba di amianto che sta avvelenando Avellino

Isochimica-AvellinoE’ aria avvelenata quella che si respira nel quartiere di Borgo Ferrovia, nel centro di Avellino. Un’aria intossicata dall’amianto: lo certificano le perizie disposte dalla procura che ha riaperto il caso Isochimica, un’azienda ormai dismessa che è una vera bomba ecologica. Nel suo cortile sono depositati 500 enormi cubi di amianto-cemento friabile e deteriorato e sotto terra ci sono 2276 tonnellate di amianto. Nell’aria, i periti hanno trovato «fibre libere e respirabili».

Il pericolo gravissimo per la vita della gente che vive ad Avellino nei dintorni dello stabilimento non viene chiarito solo dagli esami tecnici commissionati dalla procura di Avellino: lo scorso 31 ottobre l’Arpac ha prescritto la necessità di «effettuare la pulizia delle aree esterne interessate ancora da amianto disciolto» e alcuni mesi prima, a luglio, l’Asl ha segnalato al sindaco e al Comune di Avellino che «i teli che ricoprivano i cubi di cemento-amianto risultano distrutti dalle intemperie e che i cubi sono totalmente esposti all’azione degli agenti atmosferici».
Gli esami sono stati depositati nell’ambito del procedimento giudiziario a carico di 24 persone tra cui il management dell’azienda, amministratori di comune, Arpac e Asl e la giunta comunale del 2005.

MALATI DI TUMORE – L’indagine avviata dal capo della procura di Avellino Rosario Cantelmo e dal pm Elia Taddeo è finora sfociata in un sequestro d’urgenza dello stabilimento perché le fibre di amianto si liberano nell’aria e possono causare mesoteliomi pleurici o peritonali, o un cancro al polmone. In questi anni già nove operai sono morti, 140 combattono contro tumori e tanta gente che vive nei dintorni dello stabilimento si sta ammalando. Nel provvedimento si legge che: «Gli indagati per raggiungere i loro scopi, (industriali, commerciali o per i pubblici amministratori, volti ad evitare i costi della bonifica), hanno agito nella piena consapevolezza degli enormi danni che sarebbero stati arrecati nell’ambiente e alla salute delle persone». Soprattutto appare chiaro il gravissimo pericolo a cui tutt’oggi sono esposti gli abitanti della zona e che gli inquirenti ritengono dipenda dalle condotte degli indagati: «Perché hanno determinato, nonostante fosse evidente e ben noto il gravissimo pericolo connesso all’incontrollato e permanente deposito, nonché interramento di amianto nel sito dello stabilimento Isochimica, un’indebita esposizione, continuativa e tutt’oggi perdurante».

DISASTRO AMBIENTALE – Perdurante è la qualificazione che accompagna anche il tipo di reato individuato e cioè il disastro. «Ce ne rendiamo conto giorno per giorno, perché la malattia ha un periodo di incubazione di 25 – 30 anni – spiega il biologo Carlo Caramelli – il tipo di amianto presente nell’area è quello tra i più pericolosi, la crocidolite».

«E’ ovunque: nel terreno, nell’acqua, sui mobili e noi lo respiriamo. Mio marito è morto così e ora anche io mi sono ammalata al polmone» Commozione e rabbia: Rosetta Capobianco ha perso suo marito per un pavimento di granito, quello della stazione. «Lì c’è la vita di mio marito, lui lucidava i pavimenti e si è ammalato perché nella stazione arrivavano le carrozze da scoibentare».

Questa storia comincia infatti nel 1990 quando chiude l’azienda a cui era stata affidata la scoibentazione di 2500 carrozze delle Ferrovie dello Stato. L’amianto veniva sotterrato in profondità dagli operai che lavoravano senza protezioni, a volte a mani nude e che oggi si stanno ammalando. «Siamo stati assunti tutti giovanissimi – spiega Carlo Sessa, ex operaio dell’Isochimica – lavoravamo in condizioni disumane: l’amianto veniva estratto senza nemmeno bagnarlo e l’unica precauzione era un fazzoletto davanti alla bocca. Evidentemente hanno deciso che la nostra vita valeva poco e anche quella delle nuove generazioni visto che il veleno è ancora qui. Abbiamo deciso di ribellarci e siamo stati anche minacciati con telefonate anonime perché stiamo toccando interessi grossi: in ballo c’era la vendita di questa enorme area e poi anche la bonifica che richiede investimenti enormi».

Come è stato possibile tutto questo? «Il titolare di Isochimica era Elio Graziano, un personaggio potentissimo, proprietario anche della squadra di calcio di Avellino», spiega Sessa. Graziano, finito tra gli indagati, fu anche coinvolto nello scandalo che precedette tangentopoli, quello delle “lenzuola d’oro”. «Quando c’era di mezzo lui, tutti si giravano dall’altra parte, tutto veniva insabbiato», dicono quasi in coro un gruppo di ex operai.
«Per fortuna ora è arrivato ad Avellino il procuratore Cantelmo che ha riaperto il caso e ha dato uno scossone a tutti. – interviene l’avvocato Brigida Cesta, che assiste i familiari delle vittime dell’amianto – Ha indagato i responsabili di questo scempio ma anche chi avrebbe dovuto controllare e non lo ha fatto, chi ha lasciato che dopo tanti anni la gente continuasse ad ammalarsi. Oggi siamo tutti in pericolo perché l’amianto è nell’aria e lo respiriamo tutti i giorni».

I CUBI DI CEMENTO E AMIANTO ACCANTO AL CAMPO DI CALCIO – Lo stabilimento è talmente disastrato che sembra una struttura di archeologia industriale. Violiamo i sigilli ed entriamo a vedere passando tra le sbarre del recinto. Ci sono rovi ovunque e sotto le spine distese di lana-vetro. I cubi di cemento amianto sono ovunque e sono così tanti che è difficile contarli. I teloni di protezione sono ridotti a brandelli. Il silos che gli operai dicono sia pieno di amianto è completamente è marcio, arrugginito e deteriorato. I capannoni sono aperti e con le coperture semidistrutte. Casse, vetri rotti, bidoni, erbaccia e spine. Con il calar del sole in controluce si vedono nell’aria degli strani riflessi azzurrini. «E’ il veleno, è l’amianto – dice Rosetta – si è posato anche sulle persiane e dentro alle fessure. E’ in tutte le nostre case».

«Goool!», un ragazzo esulta e a tutti sembra invece un allarme: a dieci metri dall’Isochimica c’è un campo di calcio dove i ragazzini si allenano. «Siamo tutti a rischio – spiegano alcune mamme che si sono riunite in un comitato il Cocibis – qui ci sono anche tutte le scuole, la materna, l’elementare e la media. I nostri bambini hanno diritto ad avere l’aria pulita e non a vivere e giocare con il mostro alle spalle. Le istituzioni devono farsi carico subito di una bonifica, altrimenti tra altri venti anni scopriremo tutti di essere ammalati». La gente di Avellino non è stata sempre così determinata.Tutto è nato con la partecipazione del procuratore Cantelmo ad un convegno sui rifiuti: «Ma come? Qui vivete accanto ad una bomba e non dite niente?» disse, rivolgendosi ad alcuni cittadini.

Da allora don luigi Di Biasi ha radunato un po’ di gente, ha messo a disposizione una sala della parrocchia di San Francesco e ha avviato il confronto: «Non vogliamo protestare e basta, vogliamo indurre chi deve operare a risolvere il problema dell’Isochimica. Vogliamo il risanamento dell’area (per cui il presidente della regione Campania ha annunciato un finanziamento ndr). Vogliamo la verità». La verità va cercata a partire da una mancata bonifica, una farsa raccontata dai magistrati nella richiesta di sequestro durata più di vent’anni. Le relazioni sono un balletto di numeri che di fatto non arrivano a determinare e quantificare nemmeno i cubi di amianto stoccati nel perimetro dell’azienda. Ma non è tutto, per evitare i costi dell’operazione, secondo i pm, la bonifica è stata sospesa con una delibera affidandola alla curatela fallimentare dell’Isochimica. Una decisione che non teneva conto delle modalità, i tempi e le risorse necessarie per effettuare la bonifica. Insomma uno scaricabarile piegato alle sole logiche del denaro e giocato sulle teste e sulle vite di una intera popolazione della cui salute non sembrava interessare a nessuno.

di Amalia De Simone
www.corriere.it
http://www.corriere.it/inchieste/bomba-amianto-che-sta-avvelenando-avellino/20e66b08-5b68-11e3-bbdb-322ff669989a.shtml

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