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Filiere del recupero: oltre la differenziata

riciclo-vetroIl riciclo è un settore chiave della green economy. In Europa produce valore aggiunto per oltre 7 miliardi di euro e ha già tagliato 38 milioni di tonnellate di CO2. Ma si può fare di più: valorizzare i rifiuti, recuperando materie prime, è la sfida del futuro.

 

L’importanza del recupero: un’opportunità economica che fa bene all’ambiente
Differenziare è importante. Ma riciclare è ormai d’obbligo. Per valorizzare davvero i rifiuti, trasformandoli da problema a risorsa, e premiare gli sforzi di amministrazioni pubbliche e privati nella loro raccolta in maniera separata, è fondamentale dotarsi di una filiera del riciclo. Cioè, di un sistema industriale a servizio di una gestione virtuosa dei rifiuti, che permetta di re-immettere sul mercato le cosiddette materie prime seconde, cioè “rigenerate”. L’Europa, in questo, comincia a muoversi nella direzione giusta, scommettendo sul recupero dei rifiuti come settore chiave della green economy. Nel 2009, il valore aggiunto prodotto dalle oltre 18 mila imprese attive nel recupero e nel riciclo, è stato di oltre 7 miliardi di euro, con personale che supera i 174 mila dipendenti. E visti i massicci investimenti di molti paesi come, ad esempio, la Germania, le cifre saranno con ogni probabilità oggi più alte. Remedia, ad esempio, uno dei principali sistemi collettivi italiani per la gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, ha stimato di recente che il potenziamento del recupero delle materie seconde porterebbe alla creazione in Europa fino a 2,8 milioni di nuovi posti di lavoro. E se da un lato l’opportunità economica è notevole, importantissimi sono anche i benefici ambientali. Aumentando i tassi di recupero, infatti, l’impatto ambientale dei rifiuti prodotti si riduce e anche il ricorso alla discarica diminuisce. E si tagliano anche le emissioni di gas serra: in Europa, la propensione al riciclo dei rifiuti urbani tra il 2001 e il 2010 le ha già ridotte del 56%. L’equivalente di 38 milioni di tonnellate equivalenti CO2 (fonte: Agenzia Europea dell’Ambiente).

Il mercato mondiale del recupero: l’Occidente offre, i Bric comprano
Le materie prime seconde hanno un mercato ormai globale, oltre che nazionale. L’export mondiale delle principali, stando ai dati del rapporto promosso da Fise-Unire, ha raggiunto fatturati da 90 miliardi di euro, mettendo in commercio oltre 200 milioni di tonnellate. Cifre che sono cresciute notevolmente nell’ultimo decennio, ma che restano marginali se paragonate ai 4 miliardi di tonnellate di rifiuti prodotti ogni anno nel mondo. La domanda di rifiuti da recuperare, ad ogni modo, rispecchia ormai la nuova geografia economica mondiale, legata alla globalizzazione: la richiesta di carta, plastica, alluminio e rame è più forte nei paesi del mondo dove si concentra la produzione (Asia e paesi Bric, con la Cina a fare da capofila tra gli importatori), l’offerta nelle zone del mondo dove si consuma di più e si recuperano più rifiuti (Europa e Stati Uniti in primis).

L’importanza di filiere del recupero interne
L’export dei rifiuti, per molti paesi, è la chiave per il mantenimento di alti livelli di raccolta differenziata, dei rifiuti urbani e non. Secondo l’ultimo Report 2012 dell’Eea, l’Agenzia Europea dell’Ambiente, solo in Europa le spedizioni transfrontaliere di rifiuti (in gran parte speciali o pericolosi) sono cresciute del 175% in dieci anni: nel 1999 si attestavano intorno ai 3 milioni di tonnellate, nel 2009 erano già a 11 milioni. Nazioni come la Francia e l’Inghilterra, per esempio, se non esportassero non riuscirebbero a sostenere gli alti livelli di raccolta di plastica e carta, perché hanno capacità di recupero interno, secondo alcuni studi, tra il 50 e il 75%. Ma in futuro ormai vicino, anche i paesi che oggi garantiscono acquisti di materie prime seconde cominceranno a raccogliere meglio e recuperare i rifiuti che producono, diventando così autonomi nel reperire risorse “rigenerate”. Ecco, dunque, che è fondamentale incentivare il più possibile la formazione di una filiera del recupero interno e avviare così un’economia “circolare”, che possa auto-sostenersi.

Tassi di recupero in Ue: si può fare ancora molto
Secondo il rapporto “L’Italia del Riciclo”, promosso da Fise-Unire (associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, solo per i rifiuti urbani la media del riciclo in Europa è del 42% nel 2010. Le cifre, però, variano da stato e stato e le disparità restano forti: l’Italia, per esempio, avvia effettivamente a recupero e riusa il 33% dei rifiuti che raccoglie in maniera differenziata, l’Austria il 70% (forte soprattutto nel compostaggio), il Belgio e la Germania il 62%. Molti paesi, dunque, incontreranno difficoltà a soddisfare i nuovi obiettivi imposti dall’Ue di riciclare il 50% di rifiuti domestici e simili entro il 2020, contenuti in recenti Direttive che hanno spostato l’attenzione sul recupero effettivo e non tanto sulle percentuali di differenziata.  I dati dell’Eea sul la gestione dei rifiuti solidi urbani, composti principalmente da rifiuti domestici, nei 27 Stati Membri dell’UE e in Croazia, Islanda, Norvegia, Svizzera e Turchia. Cinque nazioni hanno già raggiunto questo obiettivo (Austria, Belgio, Germania, Paesi Bassi e Svizzera), ma molti altri dovranno compiere sforzi eccezionali per conseguirlo prima del termine ultimo. L’Italia è fra le sei nazioni (insieme a Irlanda, Uk, Lussemburgo, Slovenia, Svezia) che potrebbero raggiungere l’ambizioso target al 2020 mantenendo lo stesso tasso di crescita delle percentuali di riciclo dell’ultimo decennio (2001-2010).

Carta e plastica: traguardi e prospettive
In ballo, è bene ricordarlo, non ci sono solo benefici economici. Secondo uno studio di Plastics Recyclers Europe, l’associazione europea che riunisce le aziende che riciclano materie plastiche post-consumo, se in Europa entro il 2020 si arrivasse al 62% di riciclo, si creerebbero 360 mila posti di lavoro e, contemporaneamente, si toglierebbero dalle discariche circa 24 milioni di tonnellate di rifiuti plastici.Togliendo anche dall’aria ben 26 milioni di tonnellate di CO2. Uno scenario molto positivo, visto che al momento si è fermi al 24% (nel 2012, infatti, la produzione di rifiuti plastici è stata di oltre 25 milioni di tonnellate di cui solo 6,3 milioni, in parte esportati). Per quanto riguarda la carta, in Europa nel 2012 il tasso di riciclo ha raggiunto il 71,7% di quanto raccolto. Un livello tutto sommato buono, ma è comunque ancora l’equivalente di circa un quarto del consumo totale di prodotti cartacei. Secondo l’Eea, se si arrivasse al 90% di riciclo di carta, si potrebbe soddisfare oltre un terzo della domanda di carta in Ue, riducendo la richiesta di nuove risorse e raggiungendo vantaggi ambientali significativi.

gruppohera.it

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