LETTA ATTACCA GLI “AYATOLLAH DEL RIGORE” MA LA MANOVRA PREPARA NUOVE STANGATE.
Il primo pericolo è noto e riguarda la prima rata, cancellata, almeno in teoria, a giugno. Molte delle coperture che dovevano compensare il mancato gettito della prima rata si stanno rivelando (come ampiamente previsto dai giornali ma non dal Tesoro) solo virtuali: mancano i soldi che dovevano arrivare dal condono per i concessionari di slot machine, i pagamenti degli arretrati della Pubblica amministrazione vanno a rilento e quindi forse non arriverà mai l’Iva prevista. Mancano almeno 300 milioni di euro. E il decreto del 31 agosto avvertiva che in caso di “un andamento che non consenta il raggiungimento degli obiettivi di maggior gettito […] il ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il mese di novembre 2013, stabilisce l’aumento della misura degli acconti ai fini dell’Ires e dell’Irap, e l’aumento delle accise” su benzina, tabacco e alcolici.
POI C’È IL SECONDO aumento. Il governo cerca risorse per cancellare anche la seconda rata dell’Imu, vale 2,4 miliardi. E anche in questo caso si pensa di usare la benzina: martedì il governo dovrà presentare un decreto legge, c’è ancora incertezza sulle coperture per una cifra tra i 400 e i 900 milioni. L’idea che circola al Tesoro in queste ore è di prendere tempo: si aumentano (ancora) gli acconti sull’Ires, tassa che colpisce le imprese, e si mette a bilancio un aumento delle accise dal 2015 (salasso che dovrebbe generare 1,5 miliardi nel 2015 e 42 milioni nel 2016). Agli automobilisti inferociti dal governo rispondono che questo aumento non scatterà davvero: da qui al 2015 si saranno visti i miracolosi effetti della revisione di spesa iniziata dal commissario Carlo Cottarelli. La lotta agli sprechi genererà risorse sufficienti a non far scattare questo ennesimo salasso. Chissà. Le “clausole di salvaguardia”, cioè i piani B inseriti nelle leggi che scattano se il governo fallisce nell’attuare le riforme previste, hanno spesso conseguenze spiacevoli. Stiamo ancora pagano il conto di una riforma fiscale da 40 miliardi messa a bilancio due anni fa dall’allora ministro Giulio Tremonti e mai realizzata. Il terzo aumento della benzina ipotizzato sarebbe, stando a indiscrezioni circolate ieri, inserito in un emendamento governativo alla legge di Stabilità in discussione al Senato: un aumento del carico fiscale da 419 milioni di euro spalmati su due anni, 2017-2018, ancora non è chiaro per compensare quale mancato incasso. Mentre si arrabatta tra questi equilibrismi contabili che servono a prendere tempo, rimandando i salassi al futuro (e forse al prossimo governo), Enrico Letta prova a conquistarsi i titoli dei giornali con la retorica del pugno sul tavolo: “Sul fronte europeo per alcuni ayatollah del rigore questo non è mai abbastanza, ma di troppo rigore l’Europa finirà per morire e le nostre imprese finiranno per morire”. Lo dice proprio lui che ha preferito approvare sacrifici e tagli pur di non tornare sotto procedura d’infrazione, promettendo a Bruxelles il rispetto della soglia di deficit al 3 per cento del Pil.Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, per festeggiare i suoi 71 anni, è volato a Bruxelles per ottenere un incoraggiamento dall’Eurogruppo dopo la bocciatura (non formale ma nei contenuti) della Commissione europea che non ha apprezzato la manovra. L’Eurogruppo, cioè il coordinamento dei Paesi dell’euro, “accoglie con favore l’impegno del-l’Italia ad affrontare i rischi” segnalati dalla Commissione e “prende nota delle misure aggiuntive che sta prendendo”. La lo stesso Enrico Letta ammette: “Se si continua con tasse e tagli Beppe Grillo avrà la maggioranza”.
di Stefano Feltri
Il Fatto Quotidiano 23.11.2013