Boom di iscrizioni all’ultimo minuto nei giorni dei congressi locali. Accuse incrociate. L’ultima guerra all’interno del Partito Democratico si gioca anche sulle adesioni. E si combatte tra cavilli, carte bollate e sospetti di brogli.
Rinviati per problemi logistici i congressi di Trapani e Messina; vittoria bulgara per il candidato cuperliano a Caltanissetta – l’unico in campo: gli altri candidati si erano ritirati – e per Vladimiro Crisafulli ad Enna, protagonista di una polemica a distanza con il regista Pif, durante la due giorni della Leopolda renziana. Iscrizioni sospette anche a Palermo e Siracusa: in alcuni casi l’incremento è stato del 200% in poche ore, con alcune estemporanee conversioni di ex elettori del centrodestra.
In Puglia: a Bari – il congresso si svolgerà il 3 novembre – l’impennata di iscrizioni è in pieno svolgimento, con circoli passati da 20 a oltre 300 iscritti in pochi giorni; a Lecce, dove si svolgerà l’8, è stato necessario inviare un osservatore da Roma, per monitorare un invio di 15.000 tessere totali, a fronte di 4400 iscritti storici. Roberto Morassut, parlamentare, lunga esperienza nella dirigenza del Pd Lazio, inviato nel capoluogo salentino, sottolinea che «Lecce non presenta singolarità rispetto a quanto avviene, ad esempio, anche nella Capitale: siamo dinanzi ad un’orgia di potere, un delirio di cordate che si muovono per la conquista degli equilibri interni».
In Calabria, perfino il congresso di un borgo di 2000 anime come San Sosti, in provincia di Cosenza, è stato annullato: in questo caso per fenomeno opposto, il mancato tesseramento agli aspiranti piddini nel giorno del congresso. Luigi Gagliardi, Coordinatore Comitati Adesso Renzi Calabria, preannuncia un ricorso.
I ricorsi fioccano a Roma da ogni dove: la procedura di garanzia prevede quattro gradi di giudizio, territoriali e nazionali, ma – come ci spiega una fonte interna al Collegio del Nazareno – non c’è da ben sperare su ricorsi vagliati da garanti espressione delle stesse maggioranze territoriali che localmente si contendono il potere. E così – come viene spiegato a “l’Espresso” – le stanze del Nazareno si stanno riempiendo di ricorsi e segnalazioni di brogli.
La Commissione Nazionale di Garanzia lavora «al fine di assicurare un percorso di correttezza, fin dall’inizio delle operazioni congressuali», spiega Giovanni Bruno. Ma sarebbe opportuno che questo lavoro, anche sui territori, «fosse accompagnato da buonsenso e riflessione politica». Che, però, spesso mancano.
L’elenco delle segnalazioni potrebbe andare avanti all’infinito: nemmeno il Nord ne è esente, se anche a Treviso si annunciano ricorsi per le tessere last minute e se uno degli osservatori inviati dal Pd è giunto perfino a Torino. Giovanni Lunardon, esponente del Pd ligure, ha verificato un materiale errore di spedizione di tessere in bianco, che aveva portato ad una presenza di ben 26.000 tessere sotto la Mole. Ma resta l’incognita dei ricorsi, che sono in via di valutazione. Abbastanza per far sbottare il pacato Davide Ricca, coordinatore nazionale degli Ateniesi, supporter di Matteo Renzi: «mai più congressi con le tessere, si ai congressi aperti al popolo delle primarie».
Sono proprio queste parole a chiarire che l’incremento last minute di iscrizioni pre congressuali – tolta una percentuale fisiologica di rinnovi in buona fede, sospesi in attesa del congresso e avvenuti in concomitanza del congresso per aver modo di supportare la candidatura dell’esponente preferito – contiene una percentuale sospetta che va vista non come fenomeno a se stante, ma come sintomo di ben altro. Il nodo non è numerico, ma politico.
Cosa c’è alla base del tesseramento last minute? Ci sono due cause, una tecnica e una politica. La causa tecnica sta nella modalità stessa del tesseramento: le federazioni locali ricevono da Roma, ogni anno, un tot di moduli prestampati, destinati al rinnovo di tessera di chi è già iscritto nell’anno precedente, e un quantitativo, pari al 10-20% dei già iscritti, di moduli in bianco. Nel 2013 i moduli in bianco inviati sono stati tarati non sul 10% ma su percentuali più alte: questo ha comportato l’anomalo numero di tessere in bianco ricevuto dai territori. Su quelle tessere in bianco – compilate ed assegnate, ma non sempre pagate dall’iscritto – come denuncia Morassut, «va squarciato il velo di ipocrisia: da dove viene il denaro per questo spiegamento di forze in periodo congressuale, se nel contempo i circoli veri, sani, chiudono per mancanza di fondi?».
La causa politica va ricercata invece nella trattativa pre-congressuale fra i rappresentanti delle future aree in competizione. Durante la fase di trattativa per il regolamento congressuale, i due fronti più agguerriti erano l’ala renziana e quella cuperliana. Fra queste due fazioni si è trovato un punto di mediazione, come spiega all’Espresso uno dei partecipanti alla trattativa. L’ala renziana puntava a congressi aperti, a tutti i livelli, anche ai non iscritti, per ottenere un alto bacino di elettorato attivo, dove non avrebbero pesato 100 voti in più o in meno, 100 iscritti in più o in meno, e a congressi a data unica, per avere una più alta partecipazione.
L’ala cuperliana puntava a congressi a date sfalsate e aperti al solo voto degli iscritti. La mediazione si è raggiunta in tre punti: date sfalsate fino a marzo 2014, quando si terranno i congressi regionali, elettorato attivo aperto ai non iscritti per l’elezione del segretario nazionale, diritto “di parola e di voto alle riunioni di Circolo (territoriale e di ambiente) a tutti coloro regolarmente iscritti fino al termine delle operazioni di voto”. Questo ultimo punto – articolo 4, comma 2 del Regolamento per il Congresso – avrebbe salvato capra e cavoli: consentire la partecipazione anche ai nuovi iscritti e tuttavia mantenere la barriera del voto ai soli tesserati. Ed è questo il cavillo che ha consentito il boom delle iscrizioni last minute.
Insomma, il sintomo del tesseramento gonfiato – un’infezione, come qualcuno l’ha definita – ancora una volta è figlio di una irrisolta questione di identità politica: a cosa punta il Partito Democratico? Ad aprire alla partecipazione del popolo delle primarie, i circa tre milioni di simpatizzanti che si recano ai gazebo, o al consolidamento dello zoccolo duro della base militante, con l’obiettivo degli 800.000 iscritti entro il 2013?
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