Preferiamo perdere con Cuperlo o vincere con Renzi? È questo il cruccio che tormenta molti militanti del Pd non renziani che rischiano di diventare renziani-loro-malgrado. Dopo la batosta presa alle ultime elezioni, sono moltissimi coloro che hanno votato Bersani alle scorse primarie e che se ne sono amaramente pentiti: “Se avesse vinto Renzi, adesso non ci ritroveremmo a dover governare col Berlusca”, è l’amara conclusione di molti. Le attuali primarie per il segretario del Pd sono vissute in realtà da una grande fetta di elettori di centro-sinistra come primarie per la premiership, nelle quali stavolta non ci si può permettere di ripetere l’errore.
Ecco un significativo brano di una conversazione tra due militanti nel corso di un congresso comunale del circolo Pd di un piccolo paese: “Sono militante di sinistra-sinistra da una vita, prima con i movimenti degli anni Sessanta-Settanta, poi con il Pci, poi con i Ds. Alle scorse primarie ho votato Vendola al primo turno e Bersani al secondo. Adesso sono senza tessera da tanti anni ma ho sempre lo stesso sogno: veder vincere e governare la sinistra e devo amaramente ammettere che l’unico che può realizzarlo è Renzi”. Facile replica del sostenitore di Cuperlo: “Siamo sicuri che con Renzi vince la sinistra?”.
Ecco, questo è il clima che si respira “nella base”, dove ai renziani-renziani si affiancano i renziani-loro-malgrado, antiberlusconiani doc secondo i quali dopo vent’anni di berlusconismo i pozzi sono talmente avvelenati che, prima di poter sognare una “vera” sinistra al governo, è necessaria una disintossicazione urgente per la quale ben venga anche Renzi. E poi ci sono i renziani-opportunisti, spesso esponenti della più trita nomenklatura del partito – proprio quella nel mirino del rottamatore – che salgono ingloriosamente sul carro del vincitore in pectore per non rischiare di essere definitivamente tagliati fuori dai giochi di potere all’indomani dell’8 dicembre. Il clima è questo, e non è un bel clima.
Il rischio grosso è che, a furia di estromettere i contenuti dalle discussioni politiche, concentrate tutte su questioni tattiche, si perda (forse si è già persa) la capacità di elaborarli, questi contenuti. E non bastano certo i cento tavoli alla Leopolda per creare circolazione di idee. Una latitanza di contenuti che diventa lampante leggendo i titoli delle quattro mozioni presentate dai quattro candidati alla segreteria del Pd: titoli quasi perfettamente interscambiabili fra loro, che di sinistra hanno poco o nulla, talmente generici da essere completamente vuoti. Certo, poi nei documenti alcuni contenuti ci sono, ma l’incapacità di sintetizzarli in “etichette” definite è sintomatico. Quasi che una identità precisa, anche quando la si ha, si preferisse non rivelarla subito, per non rischiare di essere “divisisi”, di rendersi immediatamente invisi – fin dal titolo – a una porzione di militanti. E dunque “cambiamento, futuro, dignità, speranza” sono le parole che ricorrono nei titoli delle quattro mozioni, e si potrebbero assegnare a sorteggio.
Renzi vincerà quasi certamente le primarie, ma il rischio che corre è di vincere senza convincere, di attirare molti voti di persone che di Renzi non condividono nulla, ma che lo sosterranno perché pensano che sia l’unico in grado di battere finalmente la destra. Come gestire questo pacchetto molto consistente di renziani-loro-malgrado sarà un bel grattacapo per il sindaco di Firenze. Si dirà: ma Berlusconi è riuscito a tenere insieme l’impossibile in questi vent’anni. Ma l’elettore di sinistra è più esigente e difficilmente darà carta bianca al leader. A meno che vent’anni di berlusconismo ne abbiano cambiato il dna.
Cinzia Sciuto
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