E’ giusto occuparsi dei diritti delle minoranze, ma chi si occupa dei diritti della maggioranza? L’agenda politica è fitta come le maglie di un pescatore di gamberettti di interpellanze e leggi a favore delle minoranze, giustamente. Nulla da eccepire. La maggioranza del Paese è però assente da qualunque provvedimento che non sia castratorio, da ogni discussione, trattata come un intruso. I diritti delle famiglie, delle piccole medie imprese, degli studenti, di quelli che una volta si chiamavano, con una certa fierezza, “lavoratori” ridotti a precari e nuovi emigranti, non hanno voce. La maggioranza ha oggi meno rilievo delle minoranze spesso strumentalizzate per nascondere i problemi del Paese. L’opinione pubblica è trattata come un paria, come un minus habens da educare perché, evidentemente, se ha un parere nettamente contrario ai partiti e a chi si nasconde dietro di loro manovrandoli come marionette, allora “non ha capito bene“. Quando, in modo miracoloso, la maggioranza riesce a esprimere il suo pensiero attraverso un referendum, come è avvenuto per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, viene ignorata, come un bambino capriccioso, come un parvenu che vuole essere invitato al gran ballo senza essere stato invitato. L’aspetto ridicolo e spaventoso di questa situazione è che nella nostra carta costituzionale il potere è attribuito al popolo (“La sovranità appartiene al popolo” articolo 1), una situazione simile alla Costituzione Sovietica del 1936, in cui sulla carta comandavano i lavoratori, dove decideva però solo Stalin. La maggioranza non può nulla. Non può votare per il proprio candidato, non può proporre leggi, non può neppure avere un referendum propositivo. Può solo stare a guardare il proprio Paese, la propria condizione sociale, spesso conquistata attraverso generazioni e decenni di sacrifici, scomparire come neve al sole. Può solo stare in silenzio. E’ il salvadanaio del Potere senza avere alcun potere. L’aumento dell’IVA, avvenuto con destrezza nascondendolo con la crisi, il raddoppio della Tares, la Service Tax e l’IMU insieme a una miriade di tasse e balzelli stanno trasformando la maggioranza del Paese in una classe indifferenziata di senza diritti, non più media o piccola borghesia, ma neppure più classe operaia. Chi perde il lavoro è perduto. Lo Stato per lui, che ha pagato sempre tasse e contributi, magari per vent’anni, non muoverà un dito. Anzi, costui si ritenga fortunato se non busserà alla sua porta Equitalia con il redditometro a chiedergli come ha fatto a sopravvivere con un reddito così basso. Se si impicca, se emigra, se salta un pasto non interesserà mai a nessuno. Fa parte della maggioranza, quella senza diritti, senza voce, che tiene in piedi l’Italia, o almeno quello che ne resta. “La pubblica opinione è tutto” Abraham Lincoln
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