Come nei romanzi gialli per capire quello che sta succedendo ora bisogna fare un passo indietro. Tornare a quella notte né buia, né tempestosa di primavera quando si riunirono tre persone per decidere le sorti della legislatura. Ognuno di loro aveva qualcosa da guadagnare dalla partita a poker.
Napolitano la rielezione e, forse, la certezza della distruzione dei nastri delle sue conversazioni con Mancino, Bersani la presidenza del Consiglio per il pdmenoelle, Berlusconi la certezza dell’impunità. Su questo ultimo dettaglio investigativo vale la pena di soffermarsi. Perché stringere un patto di legislatura, o anche di semi legislatura che doveva durare almeno il tempo di mettere mano alla Costituzione per stravolgerla in senso presidenziale e per limitare la magistratura e insediare Capitan Findus Letta alla presidenza della UE con un condannato in pectore? A Napolitano si può imputare tutto, ma non l’ingenuità. E’ altamente probabile che a Berlusconi siano state date delle garanzie che in seguito non sono state rispettate, o più probabilmente non si è riusciti a far rispettare. In altri termini l’assicurazione della prescrizione per scadenza dei termini del processo che lo ha condannato in via definitiva per truffa fiscale. Altrimenti che senso aveva fare un governo intestato alla presidenza della Repubblica, che mai si è esposta come in questo caso? Per vederlo cadere rovinosamente per un processo e una condanna altamente probabile pochi mesi dopo? Berlusconi ha la faccia di chi pensa “Chi mi ha fregato?“. L’accelerazione della sentenza della Cassazione lo ha inchiodato come una farfalla al muro. Continua a sbattere le ali, ma non può più muoversi. E’ finito, e lo sa. Però gli altri giocatori non se la passano molto meglio. Barbara Berlusconi ha fatto una domanda sensata al pdmenoelle “Se mio padre è un delinquente perché ci governate insieme?“. La risposta non è ancora arrivata. Al pdmenoelle i delinquenti di lotta, ma soprattutto di governo, piacciono. Hanno quel fascino innegabile di appalti e di poltrone. E il terzo giocatore, Napolitano? Lui ha perso la partita, ma si ostina a negarlo come chi avendo sempre vinto (o almeno pareggiato) non riesce a darsi pace per la sconfitta. Si alzi dal tavolo di gioco, e prima di uscire, spenga le luci del Quirinale. Il morto, ma già lo sapevate, è la democrazia.