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’50 milioni per i portaborse’

MontecitorioI funzionari di Montecitorio, arrabbiati perché si parla dei loro altissimi stipendi, hanno spiattellato i costi e i redditi dei ‘collaboratori politici’. Una  specie di guerra tra caste: ciascuno denuncia i privilegi degli altri.

Una volta era il semplice «dàgli alla casta». Adesso, in un crescendo più tragicomico che drammatico, più Guerra dei Roses che Rossini, si è iniziata a consumare a Montecitorio la faida incrociata: casta contro casta, detto anche «tu sei più casta di me». Una meraviglia. Nel mirino, stavolta, la scarsa trasparenza su 50 (cinquanta!) milioni di euro che a quanto pare se ne vanno in cinque anni di legislatura per i cosiddetti portaborse, vale a dire quel ‘personale politico’ che lavora con i deputati.E chi è che punta il dito? I dipendenti della Camera, per bocca di uno dei suoi sindacati (l’Osa), ribellandosi all’operazione maquillage del tandem Boldrini-Sereni, che in nome della trasparenza, ha sbattuto sul sito internet gli stipendi d’oro degli amministrativi, ma ha ‘dimenticato’ di fare altrettanto con i collaboratori. Pienamente esplicativo già il titolo del bollettino che circola per i corridoi: «Amnesia selettiva? Vi aiutiamo. Non è tutto trasparente quello che luccica».

La rabbia è per lo stuolo di portaborse (in gergo li chiamano «decretati») che, a vario titolo, lavorano (con contratti a termine) con i vertici politici del Palazzo, vedendosi riconoscere (appunto per decreto) una retribuzione pari o superiore a quella dei dipendenti ma, a differenza di questi, senza sottostare all’obbligo della pubblicazione on line dei compensi. E non si tratta di pochi spiccioli: «colpisce l’importo delle spese connesse – si legge nel paragrafo al fiele «il segreto delle segreterie – oltre i 50 milioni di euro per Legislatura, un importo che, vista l’entità e i tempi che corrono, giustifica ampiamente la richiesta di maggior chiarezza».

Funzionari e commessi, insomma, non ci stanno a esser stati trattati come mostri da prima pagina e sottolineano, con orgoglio corporativo, che, per lo meno, i decretati non andrebbero computati dai media tra i costi dell’Istituzione, ma dei partiti o dei gruppi parlamentari: «La natura del rapporto fiduciario tra il titolare di carica e la persona selezionata viene infatti spesso a premiare attivisti del partito o movimento politico di riferimento dell’eletto, attivisti che così vengono «scaricati», come costo, sulle spese di un bilancio comunque finanziato dallo Stato».

Già, perché poi non si tratta di poche persone: «I decretati sono un numero piuttosto consistente, che ha già suscitato polemica all’inizio della Legislatura in merito alla nomina di nomi eccellenti e di figli e figlie di nomi eccellenti nelle segreterie», si spiega in un periodo che è un’iperbole di veleno.

Il riferimento alle «polemiche di inizio legislatura», infatti, è a quando, subito prima dell’insediamento delle nuove camere, sfumò un blitz dell’ultimo ufficio di presidenza per assumere a tempo indeterminato 30 portaborse ‘eccellenti»’, alla modifica cifra di 3 milioni d’euro. In modo indiretto, quel figli e figlie di nomi eccellenti sfiora anche la presidente Boldrini, che vanta nel suo staff di ‘decretati’ una Loiero e una de Zulueta.

Come dire, tra un accenno e l’altro: o i sacrifici li facciamo tutti insieme o non taceremo di fronte ad alcun futuribile tentativo di incamerare a palazzo i vostri protetti. Insomma, un bel siluro sulla serena prosecuzione dei rapporti sindacali, che si sarebbe dovuto riattivare già nei prossimi giorni.

E la guerra, salvo un brusco fine legislatura, è ancora all’inizio.

di Lia Quilici
espresso.repubblica.it

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