Lioni – Come scriveva Manlio Rossi Doria, partiamo dal punto più debole dell’Italia, dall’osso del Sud, dalle montagne irpine lungo il tragitto che da ovest spostava i contadini verso est, gli operai verso nord, i malati verso la speranza di un ospedale decente, di una cura possibile. La Avellino-Rocchetta, completata tra il 1892 e il 1895, era il treno dei sogni, delle speranze, del lavoro. Era il treno di chi partiva: “Rocchetta era l’alba, il punto di non ritorno, la nuova frontiera di una vita finalmente felice. Chi cercava lavoro, a Torino, a Milano, in Germania, sapeva che a Rocchetta doveva andare. Lì intercettava le linee veloci. Oggi non esiste nulla più, solo la finzione. I binari sono rimasti, i treni se ne sono andati per sempre. Trent’anni dopo, e con qualche centinaio di miliardi di euro spesi, si parte per gli stessi motivi: la salute, perché gli ospedali stanno chiudendo, non sono attrezzati, non ispirano fiducia e quelli del nord sono migliori. Per il lavoro, perché la vita nelle montagne è rinsecchita ancora, l’osso si è fatto pietra e se non ti muovi non esisti. L’altrove resta il nostro destino. Ieri come oggi. Lo ha ricordato bene il viaggio di Antonello Caporale in giro nell’italia che ha ucciso treni e sogni, in mezzo secolo sono stati dismessi circa seimila chilometri di binari, solo negli ultimi vent’anni un supplemento di qualche centinaia di tratte sono state destinate alla ruggine e alle erbacce. Il treno costa e non passa più. Non sostenibile economicamente. Troppo pesante il salasso delle casse pubbliche, troppo oneroso tenere aperta una strada ferrata, specie se corre tra le montagne . La linea ferroviaria Irpina, Avellino Ponte Santa Venere (poi Avellino – Rocchetta Sant’Antonio) è tra le più antiche della Campania, inaugurata il 27 ottobre del 1895, e dal 2010 sospesa; una sospensione che ormai è considerata quasi chiusura definitiva. La tratta ferroviaria attraversa in più punti i fiumi Sabato, Calore ed Ofanto; attraversa aree fortemente vocate alla viticoltura che, in Irpinia, produce tre importanti DOCG; attraversa buona parte del Parco Regionale dei Monti Picentini e diversi Siti di Importanza Comunitaria e tanto altro. Togliere una ferrovia significa togliere storia, sentimenti, piccole economie, speranze per tutte le aree emarginate d’Italia ma anche una fetta di paesaggio, perché il treno sta nel nostro paesaggio, dal finestrino lo si osserva, lo si misura e lo si apprezza.
Appuntamento fissato per le ore 19 di domenica 1 settembre a Rouge Spazi Pubblici autogestiti di Lioni, assieme a Pietro Mitrione dell’associazione In Loco Motivi e Massimo Bottini consulente scientifico di Italia Nostra e autore del libro “Ferrovie delle Meraviglie”. Prevista la presenza del primo cittadino lionese, Rodolfo Salzarulo, e della consigliera regionale, Rosetta D’amelio. «Se questo è il futuro, e i segni si vedono ormai chiari, dobbiamo reagire. Dobbiamo fare in modo che tutto il patrimonio ferroviario dismesso diventi patrimonio della collettività, come è sempre stato» – ribadiscono i giovani di Rouge spa e continuano «è per questo che abbiamo scelto di inserire all’interno della programmazione estiva di rouge summer time, la presentazione del libro “ferrovie delle meraviglie” perché questa vertenza non è meno importante del tribunale o della salvaguardia dell’ospedale.
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