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Agganciare la ripresa da 30 anni il mantra che salva i governi

DeMita_CraxiLETTA USA LE STESSE IDENTICHE PAROLE DI CRAXI, DE MICHELIS, CIAMPI, BERLUSCONI, ECC, ECC: ”NON SI PUÒ FAR CADERE L’ESECUTIVO, ALTRIMENTI PERDIAMO IL TRENO…

 Èun incubo. A ogni strettoia della politica a disoccupati, futuri disoccupati, poveri e nuovi poveri, aziende piccole e medie alla canna del gas tocca il supplemento di pena, la beffa: “Tutti zitti: c’è da agganciare la ripresa!”. Nessun economista ha mai spiegato in che cosa consista la figura ginnica dell’aggancio. Ma non importa. Come tutti i mantra non ha senso ma funziona. Così il premier Enrico Letta ha avvertito i berluscones che una crisi di governo in questo momento sarebbe un errore gravissimo perché c’è da “agganciare la ripresa”. Che è lì, “a portata di mano”.
Da trent’anni tentiamo l’aggancio, senza successo. Per agganciare ci vuole il fisico, e l’economia italiana non ce l’avrà mai se si allena solo a parole, per di più d’occasione. Già nel febbraio del 1984, alla vigilia del decreto di San Valentino che eliminò la scala mobile, la Confindustria incitava Bettino Craxi: “Per riuscire ad agganciare la ripresa economica bisogna incidere al più presto sul costo del lavoro”.
Quante cose servono ad agganciare la ripresa? Molte, à la carte. Per l’ex ministro socialista Gianni De Michelis serve, oltre alla riforma elettorale, “un pacchetto di misure sociali ed economiche per consentire al nostro Paese di agganciare la ripresa economica che si profila per il prossimo futuro”. L’ha detto all’indomani delle elezioni politiche del 1992, ma funziona ancora: un incubo, appunto.  Per Piero Fassino, ministro del Commercio estero, la carta vincente era il sostegno all’export: “Le aziende devono essere messe nella condizione di agganciare la ripresa economica che si sta profilando”, ed era il 1999 ed erano dunque sette anni almeno che si profilava. A parte i vasti pacchetti di misure, l’importante è che il governo non cada. Nel 2010, mentre il governo Berlusconi rischiava di cadere sotto gli attacchi di Gianfranco Fini, fu il ministro Mara Carfagna a mettere i puntini sulle i: “Il governo deve andare avanti, deve agganciare la ripresa economica”.  Lo stesso giorno il ministro Mariastella Gelmini specificava: “Il presidente Berlusconi non ha smesso di lavorare neppure in estate per portare avanti le riforme, la politica economica e di controllo della spesa per agganciare la ripresa”. B. dunque agganciava, gli storici ci diranno che cosa.È un tic. Il governo aggancerà? Non sanno di che cosa parlano però suona bene. All’indomani delle politiche del ’94, primo trionfo di B., il segretario del Ppi Franco Marini ancora non aveva sentito bene la botta: “Siamo di fronte a una situazione di grande incertezza. E questo non è un bene per poter agganciare la ripresa economica”.  Cinque anni dopo, nel 1999, di fronte alla mezza crisi del governo D’Alema, che portò a un rimpasto, il presidente della Confesercenti Marco Venturi regalò al Paese un brano di prosa immortale: “Il rischio di tornare verso logiche che credevamo ormai sepolte, fa crescere la preoccupazione di veder vanificati gli sforzi compiuti per agganciare la ripresa”. Quindici anni e sembra ieri. Noterete che noi non agganciamo mai, ma in Europa e nel mondo una ripresa da agganciare c’è sempre. Nell’estate del 2004 l’aveva avvistata un economista di chiara fama come il presidente Carlo Azeglio Ciampi: “Per agganciare la ripresa mondiale, l’economia italiana deve fare molte cose contemporaneamente, da programmare e realizzare insieme, dando prova del giusto spirito di solidarietà e di coesione sociale”. Era una calda estate di tentati agganci. Fatto fuori provvisoriamente Giulio Tremonti, era diventato ministro dell’Economia il meno trasognato Domenico Siniscalco: “Agganciare la ripresa sarà possibile anche utilizzando ingredienti come la fiducia e la condivisione della politica economica. Non basta mettere insieme quattro ingredienti per fare il minestrone”. In cucina c’era Silvio Berlusconi: “Stiamo mettendo a punto una Finanziaria che non porterà a stangate e tagli. È il modo per agganciare la ripresa, che è già in atto negli Usa e che sicuramente arriverà anche in Italia”. Ma quella manovra non aveva convinto un aggancista convinto come Enrico Letta: “Siamo di fronte a una manovra inutile che non migliorerà i conti pubblici. L’effetto è quello di una bassa crescita che rischia di non farci agganciare la ripresa”. Letta ha da sempre un’attenzione concreta ai fatti economici. E oggi, giustamente preoccupato che B. non saboti – pensando agli affaracci suoi – il trentesimo tentativo di aggancio in 30 anni, deve anche fare i conti con l’entusiasmo macroeconomico di Berlusconi, per il quale basta che lui sia in sella e l’aggancio è cosa fatta. Il suo ottimismo è commovente, superato solo da quello ineffabile di Daniele Capezzone di cui ricordiamo sommariamente i maggiori successi: “Ora il peggio è alle spalle e l’Italia sta per agganciare la ripresa (e il Pd ha sbagliato tutto)” (2009); “Berlusconi ha gestito bene la crisi, ha salvaguardato i posti di lavoro, ha garantito importanti ammortizzatori sociali, e ora sta aiutando l’Italia ad agganciare la ripresa” (2010).    Se poi volete un ottimista “rosso”, per par condicio, c’è l’impareggiabile ex presidente del Montepaschi Giuseppe Mussari, che proprio nel 2009, mentre stava autodistruggendo la banca senese, mandava pizzini amorosi al nuovo amico Giulio Tremonti: “La crisi sta terminando. Ora è il momento di interrogarsi sui tempi e sui modi per uscire dalla crisi e agganciare la ripresa”. Poi dice che uno, quando sente “agganciare la ripresa”, si tocca.
di Giorgio Meletti
Il Fatto Quotidiano 24.08.2013

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