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Rinvii e bocciature: il nulla prodotto dalle larghe intese

Larghe inteseGOVERNO E CAMERE RINVIANO TUTTO: IVA, CASA, TARES, TICKET E F-35 IL FONDO MONETARIO: “L’IMU NON SI TOCCA”. E IL PDL SI RIBELLA.

 L’attesa è occupazione cara tanto agli uomini d’ozio che a quelli di negozio. Tra questiultimi,dicuiquicisioccupa,un posto a parte merita Giulio Andreotti, che ha codificato in un memorabile aforisma l’operosa immobilità di certi monocolori democristiani: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Non è affatto sorprendente, dunque, che un esecutivo di gente nata a quella scuola come Enrico Letta e Angelino Alfano rinnovi l’augusto esempio dei padri: tra un rinvio a ferragosto, uno a ottobre e uno a dicembre questo, più che di larghe intese, è diventato un governo di larghe attese. La politica, però,viveanchediparadossietale è il fatto che la vita di questo governoditemporeggiatorisiafunestata da una serie di mine lasciate nel terreno dal decisionista Mario Monti, assai bravo ad annunciare provvedimenti che ora si scoprono incostituzionali quando non inattuati. Una breve panoramica.    RINVII. Il primo, ovvio, è il più famoso: l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, sui terreni agricoli e (forse) sui capannoni. Per ora non si paga fino a settembre, entro ferragosto è atteso il provvedimento che la cancella in tutto o in parte. O forse no? Ieri, infatti, il buon Letta s’è accorto che trovare le coperture “è difficile”. Si tratta, tutto compreso, di parecchi miliardi a cui il Fondo monetario internazionale ieri ci ha invitato a non rinunciare anche “per motivi di equità ed efficienza: una tassa sugli immobili, prime case comprese, esiste dovunque”. Saccomanni ha concesso: “Ne terremo conto”. Provocando le ire del Pdl, con la Santanchè a minacciare “Se il ministro ascolta il Fmi allora si trovi un’altra maggioranza”. Il secondo rinvio, famoso anch’esso, è quello dell’Iva: l’aumento di un punto dell’aliquota base è stato spostato all’autunno, ma come trovare i soldi per renderlo definitivo ancora non si sa. Anche la Tares – la nuova, pesante tassa unica sui servizi comunali – è stata rimandata: al momento la mazzata dovrebbe arrivare a dicembre, ma non si sa in che forma (il ministro Saccomanni promette una riforma delle tasse locali). Pure la Cassa integrazione in deroga, anche se non sembra, è stata rinviata: col miliardo stanziato da Letta si arriva in autunno e lì dovrebbe essere pronta la solita riforma degli ammortizzatori sociali.    Sui precari della P.A., invece, è arrivato il vero capolavoro del governo: i contratti – decine di migliaia – scadevano a inizio luglio e il governo ha consentito alle amministrazioni interessate di rinnovarli. Peccato che non abbia indicatoconqualisoldi:sivedrànellaleggedistabilitàdiottobre.Stesso discorso che riguarda i ticket sanitari (due miliardi il gettito previsto) che dovrebbero scattare nel 2014: sappiamo già come toglierli, ha sostenuto ancora ieri il ministro Lorenzin. E come? “Non coi tagli lineari”. Ma come? Il Tesoro ci farà sapere. Non di soli rinvii governativi vivono le LargheAttese,ancheilParlamentohavoluto fare la sua parte: dell’acquisto degli F-35 se ne parla tra sei mesi, intanto un’apposita commissione ci pensa un po’. Della legge elettorale neanche a parlarne: si farà insieme alle riforme costituzionali, ma nel senso che si farà dopo.SCORIEDELPASSATO. Aturbare le attese del povero Letta, però, ci pensa la polvere spinta sotto al tappeto dal governo Monti. Ci sono i suicidi costituzionali tipo l’abolizione delle province bocciata dalla Consulta come il contributo di solidarietà imposto a stipendi pubblici e pensioni sopra i 90 mila euro. Ci sono le spese non finanziate come le missioni militari all’estero a partire da settembre o la tutela degli esodati dimenticati da Elsa Fornero . Poi c’è quella mina neanche tanto nascosta che si chiama vendita del patrimonio pubblico attraverso la Sgr creata da Monti: dovrebbe portare in cassa 15-20 miliardi l’anno da usare per ridurre il debito pubblico, ma per ora ha prodotto zero e le prospettive future non sono certo rosee. E ancora c’è la spending review, che in realtà s’è rivelata la solita manovra di tagli lineari e ora Letta pensa di riesumare con lo stesso conducator, l’ex ministro Piero Giarda. L’ultima larga attesa che vogliamo citare riguarda un provvedimento, per così dire, simbolico: l’asta per le frequenze tv che doveva portare un paio di miliardi alle casse dello Stato. Il bando è in via di definizione, come l’anno scorso.
di Marco Palombi
Il Fatto Quotidiano 05.07.2013

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