LA COMMISSIONE FRANCESE MODIFICA LA LISTA DELLE OPERE: LA TORINO-LIONE NON È PRIORITARIA.
Se continua così, i sostenitori italiani a oltranza del Tav, la ferrovia ad alta velocità tra Torino e Lione, alla fine faranno la fine dei cavalieri del Boiardo che “del colpo non accorti” ancora guerreggiavano, ma erano “morti”. Continueranno, cioè, a sostenere la grande e costosa opera senza rendersi conto che nel frattempo intorno a loro si sta facendo il vuoto.L’ULTIMA e significativa presa di distanza dal gigantesco progetto proviene dalla Francia e si somma al colpo inferto di soppiatto al Tav dal governo italiano che, praticando come al solito una specie di doppia verità, da una parte continua a ripetere solennemente per bocca del presidente, Enrico Letta, e del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che quella ferrovia si farà perché è vitale per gli interessi del paese. Ma con l’altra mano sottrae i fondi necessari ai lavori prendendo atto che di soldi per opere grandi, ma opinabili, in questo momento non ce ne sono davvero più. In Francia quello che somiglia tanto ad un de profundis per il Tav lo ha intonato la commissione mista sulle grandi opere, 6 deputati, 6 senatori e 4 tecnici più un presidente, il sindaco di Caen nonché deputato socialista del dipartimento del Calvados, Philippe Duron, a cui era stato affidato il compito di fare il tagliando alla politica dei grandi investimenti per infrastrutture varata all’epoca del presidente precedente, il conservatore Nicolas Sarkozy. Con una dose di buon senso e di realismo la commissione ha messo in dubbio che nel prossimo quarto di secolo possano essere disponibili 245 miliardi di euro da investire per le grandi opere francesi. Quindi, inutile insistere con i sogni di gloria e di grandezza, meglio tagliare la testa al toro e concentrarsi su ciò che è possibile fare sul serio. Il Tav tra Torino e Lione non viene inserito tra queste priorità. O meglio, la cosa non viene esplicitata così chiaramente, ma le indicazioni assunte sono tali che quello è l’inevitabile sbocco. Per quanto riguarda i 57 chilometri di tunnel in senso stretto sotto le Alpi con annesse le stazioni di Susa e di S.J. de Maurienne la commissione non si pronuncia non avendo i requisiti per poterlo fare in quanto l’opera è prevista da un accordo internazionale tra Francia e Italia siglato alla fine dell’anno passato tra il presidente italiano Mario Monti e quello francese Francois Hollande. Un’intesa che, proprio per la sua natura, può essere messa in discussione solo dai rispettivi Parlamenti e non da un organismo diverso. La commissione si pronuncia sulle infrastrutture collaterali al tunnel, come le vie d’accesso, senza le quali lo stesso tunnel da solo è però poco più di un inutile buco nella montagna preceduto e seguito sostanzialmente dal nulla. Ebbene, queste opere collaterali vengono definite “seconde priorità” dalla commissione transalpina e la loro esecuzione rinviata addirittura al 2030. Se non è una bocciatura di tutto il Tav, poco ci manca. La cosa politicamente significativa è che le conclusioni a cui è arrivata la commissione non sono state chiuse in un cassetto, ma hanno ricevuto un immediato endorsement al più alto livello dal primo ministro transalpino Jean Marc Ayrault. Nonostante le affermazioni contrarie di fonte governativa, anche in Italia gli atti concreti non suonano bene per un iter spedito della Torino-Lione. Nella Finanziaria 2013, approvata a fine 2012, per il Tav era autorizzata una spesa di 60 milioni per il 2013, 100 milioni per il 2014 e 680 per il 2015. Cifre sensibilmente ridotte e addirittura quasi azzerate con il cosiddetto “decreto del fare” approvato dal governo alcuni giorni fa.
di Daniele Martini
Il Fatto Quotidiano 29.06.2013