Nel nostro Paese continua a crescere la disoccupazione. Ma, secondo la ricerca della FedEE ripresa dall’Economist, i dirigenti hanno ancora paghe altissime: 957 euro all’ora contro i 412 guadagnati in Germania.
Piagate da tassi di disoccupazione da incubo, l’Italia e la Spagna sono tra i Paesi le cui economie attraversano le maggiori difficoltà in Europa, eppure i dirigenti delle loro aziende sono i più pagati del continente. Al netto di bonus, stock option e premi vari, nel 2012 un Ceo italiano ha percepito uno stipendio base medio di 723 euro l’ora, un parigrado spagnolo ha toccato quota 600 euro, contro i 499 euro degli svizzeri e i 465 dei colleghi inglesi. Non solo: quello che un dirigente di una compagnia italiana guadagna in una sola ora di lavoro, un dipendente di medio livello impiega 10 giorni per metterlo insieme. I dati del Pay in Europe 2013 Report, stilato dalla Federation of European Employers, fotografano una volta di più lo scollamento esistente tra la maggioranza che lotta ogni giorno silenziosa per mantenere il posto di lavoro e l’olimpo dorato di chi muove i fili di un’economia sempre più sull’orlo del precipizio.
La Grecia declassata a paese emergente è un inferno ancora lontano. Ma tra Roma e Madrid la disoccupazione galoppa sfrenata: in Italia il tasso è al 12,8% (record da 36 anni), percentuale che nella penisola iberica sale al 27,16%. Tuttavia ai piani alti delle gerarchie dirigenziali la crisi non si sente. La dodicesima edizione della ricerca pubblicata ogni anno dalla FedEE, fondata nel 1989 su impulso della Commissione Ue, analizza lo stipendio medio di 32 profili professionali nei 47 paesi membri del Consiglio d’Europa. I Ceo italiani e spagnoli partono da paghe base altissime: i primi guadagnano per un’ora di lavoro 957 dollari (723 euro), i secondi arrivano a 792 dollari (600 euro). Molto meno percepiscono i colleghi inglesi (465 euro), francesi (416 euro) e tedeschi (412 euro). Il report prende in considerazione soltanto la paga base e non tiene contro delle componenti variabili, come le stock option, i dividendi, i premi e i vari extra, alla luce dei quali gli executive più pagati del continente lavorano in Svizzera, Regno Unito e Germania, Paesi le cui economie reagiscono meglio alla crisi. Segno che ai manager italiani e spagnoli vengono garantiti stipendi alti a prescindere dai risultati, nonostante le loro aziende non smettano di perdere e mettere alla porta i loro dipendenti.
Ancor più controverso è il confronto tra lo stipendio dei dirigenti e quelli dei dipendenti di livello più basso. Ovunque in Europa il gap si sta assottigliando: la struttura dei salari più omogenea la si riscontra in Danimarca, sebbene “in Norvegia, Svizzera e Liechtenstein le differenze stiano pian piano diminuendo”, ha spiegato Robin Chater, segretario generale della Federazione. In controtendenza sono l’Italia, la Spagna e le ex repubbliche sovietiche. In Danimarca un amministratore delegato può guadagnare 650 euro l’ora, mentre un lavoratore del settore dei servizi semplici (le pulizie o la logistica, ad esempio) arriva 14,48 euro. In Spagna, invece, i gruppi alla base della piramide aziendale non vanno oltre i 3,85 euro. Per l’Italia i conti li ha fatti l’Economist, che ha preso i risultati della ricerca della FedEE e li ha combinati con i dati sulla media Ue delle ore lavorate in una settimana. Ne emerge che per guadagnare ciò che un manager percepisce in un’ora, in Italia un lavoratore di medio livello impiega 10 giorni, che arrivano a 15 in Spagna.
I salari dei Ceo italiani sono alti, ma sono fermi: secondo un sondaggio condotto da Hay Group nel 2012, per il 2° anno consecutivo, gli stipendi base hanno registrato una crescita zero. Gli incrementi maggiori sono avvenuti in Germania (+4,2%) e in Svizzera, dove l’aumento medio è stato del 4,8%. Ma la differenza tra l’Italia e la Svizzera è tutta nei risultati che i manager portano a casa: lassù, nel cuore delle Alpi, il tasso di disoccupazione è al 3,2% (al 5,4% quello tedesco). Non solo: il 3 marzo, il 67,9% dei cittadini elvetici si è detto favorevole a mettere un tetto agli stipendi milionari dei super manager di aziende e banche. Secondo la bozza di legge, saranno gli azionisti (e non gli stessi dirigenti) a decidere sui compensi.
di Marco Quarantelli
Il Fatto Quotidiano 28.06.2013