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COSÌ IL PD SI CONSEGNA A B. E TRADISCE I SUOI ELETTORI

pd_nuovoFIGURE DI SECONDO PIANO IN MINISTERI MARGINALI.

 Noi e il Pd avevamo sottoscritto un patto di fronte a milioni di italianichecidiceva: andate a governare per tirare fuori l’Italia dal berlusconismo, non per abbracciare Berlusconi”. Nichi Vendola davanti ai microfoni del Tg3 descrive una realtà amara, che ieri ogni dirigente democratico cerca di cancellare e di rimuovere. Lui con Sel è passato all’opposizione. Il Pd è andato a fare le larghe intese. Un governo “politico” come lo ha voluto definire con tutto il suo peso il presidente Napolitano con il Pdl. Quello che Bersani – e a turno ogni rappresentante del Pd – aveva promesso che non ci sarebbe mai stato.
ALLA FINE , sono nove i ministri in quota democratica (oltre al premier) . Perlopiù ministeri minori e politici non di primo piano. Divisi tra correnti, tecnici e facce nuove. C’è il bersaniano ex comunista, il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, il Giovane Turco, Andrea Orlando, il capo corrente di Area Dem, Dario Franceschini, il renziano, Graziano Delrio. E poi, il direttore dell’ Enciclopedia Treccani, Massimo Bray, uomo di Massimo D’Alema (e anche di Giuliano Amato), il rettore dell’università Sant’Anna di Pisa, Maria Chiara Carrozza, legata alla famiglia Letta, la campionessa olimpica Josefa Idem (vicina a Bersani), Carlo Trigilia (Italianieuropei). E CecileKyenge,neodeputata,fuoridal gioco delle correnti. Basso profilo, fuori tutti i big. “Il Pd ha fatto un’operazione politica precisa”, spiega Luigi Zanda, capogruppo al Senato.
In ballo fino a ieri mattina c’erano anche D’Alema, Finocchiaro e Amato. Qualche ambizione la vantava pure Marini. Letta l’aveva detto in tutti i modi che voleva un governo di quarantenni. Poi ha visto Pier Luigi Bersani, chesostanzialmenteglihagarantito il suo sostegno, ma ha anche ribadito la necessità di tenere fuorigli“impresentabili”.“Informa il Pdl che non farai il governo a tutti i costi”, gli avrebbe detto. Asse rinsaldato tra i due, almeno per ora. Tanto che i bersaniani, Stumpo e Zoggia si affrettano a definire nel nome del “rinnovamento” e del “cambiamento” l’operazione-Letta. Mostrano entusiasmo i deputati di Area Dem. “Bravo Letta, fatte scelte non scontate”, dice Antonello Giacomelli, braccio destro di Franceschini. Lui, il neo Ministro per i Rapporti con il Parlamento commenta su Twitter: “Se un amico, vero, chiede una mano in un’avventura così difficile si risponde di sì. Anche caricandosi il lavoro più difficile e meno visibile”. Dopo la delusione della mancata presidenzadellaCameraelabocciaturadelsuocandidato,Franco Marini, al Quirinale, una soddisfazione. Il trio che ha gestito l’ultima fase politica del Pd è diversamente rappresentato: Enrico Letta a Palazzo Chigi, a Franceschini un ministero e in quota Bersani persone non troppo esposte. L’altro polo del Pd è – appunto – renziano. Storia a parte quella dei Giovani Turchi. Avevano dichiarato che un governo così non lo volevano. Si erano persino astenuti nel voto della direzione che dava la delega in bianco a Napolitano. “Avrei preferito che Letta non me lo chiedesse, ma me l’ha chiesto – commenta il neo ministro all’Ambiente, alla tutela del mare e al territorio, Orlando (che appunto s’era astenuto) – è un governo non eccessivamente appesantito, che rappresenta anche un cambiamento. E allora, perché riesca, meglio esserci che non esserci”. Poi spiega: “Avevo sostenuto che era più utile Stefano Fassina”. Mettendo il più “politico” della corrente, Letta prova a disinnescarli. Difficile pensare che Fassina potesse entrarci, visto che è su posizioni diametralmente opposte sui temi economici e del lavoro del neo Premier.
POI, C’È ANCHE chi sostiene che è stato lasciato fuori perché è uno dei nomi spendibili – insieme a Guglielmo Epifani – come reggente del Pd. Per un riequilibrio del partito a sinistra, fino al congresso, insieme a un comitato collegiale. Resta da capire cosa resterà del Pd da qui al congresso. E del governo. “Reggente del Pd? Forse auto – reggente”, ha scherzato ieri sera Renzi. Ribadendo che lui il segretario non lo vuol fare perché è più adatto “ far funzionare le cose”. Da Palazzo Chigi. Ennesimo avvertimento a Letta, se ce ne fosse bisogno. “Una parte del Pd ha preferito vincere le primarie, piuttosto che le elezioni”. Ancora il Sindaco. Domani alle 9 c’è l’assemblea dei gruppi parlamentari per decidere se dare la fiducia. Solo Civati annuncia battaglia. Gozi e Puppato si sono ammorbiditi. Gira un documento del disagio in cui si dice che la battaglia sarà condotta dopo, sulle leggi. Possibili adesioni della Zampa e di Mineo. Ma c’è l’incognita giovani. E la variabile vendette trasversali.
di Wanda Marra
Il Fatto Quotidiano 28.04.2013

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